30 aprile 2009

Abruzzo: dalla continuità assistenziale, alla continuità esistenziale

Riaggiorno il blog, a qualche giorno di distanza, sulle attività di sostegno psicologico in corso in Abruzzo.

Proseguono le attività della Protezione Civile nazionale, e dei gruppi collegati, per l'esecuzione degli interventi nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile scorso.
La situazione sul campo è per molti aspetti in via di stabilizzazione logistica, ma al tempo stesso rimane intensa da un punto di vista operativo (per tutto il sistema dei soccorsi in generale, psicologi compresi).

I colleghi operativi sia nella zona del sisma che sulla costa (prevalentemente afferenti al DPC, a Psicologi per i Popoli, alla SIPEM, al PEA ed agli Ordini, variamente situati ed inquadrati) stanno svolgendo attività di tipo sia clinico che psicosociale, compiendo anche monitoraggi dei bisogni psicologici nei vari COM e nel complesso sistema dei campi e delle tendopoli (giunte quasi a quota 140).

Le linee di lavoro prevalenti sono con i minori (spazi di gioco psicologicamente orientati), con gli anziani (in molti casi, abbastanza provati dalle lunghe settimane di vita nelle tendopoli), e con gli adulti, soprattutto coloro che si trovano attualmente - passata la fase dell'emergenza acuta - a doversi costruire una nuova rappresentazione del proprio futuro, ed a gestire così la "transizione" possibile delle proprie attività, relazioni, situazioni contestuali nei prossimi mesi.
Un lavoro non facile, in cui all'attività clinica classica si deve affiancare e preferire, per molti aspetti, un'attività maggiormente orientata su criteri psicosociali e comunitari.

Altra area di lavoro per gli psicologi è quello della percezione collettiva e della comunicazione del rischio; si tratta di un ambito delicato e complesso, anche perchè in questo momento si diffondono spesso falsi allarmi, leggende urbane e voci "da campo" (se ne parlava anche sui quotidiani nazionali in questi giorni) di possibili nuove scosse di alta magnitudo.
Voci del resto infondate, visto che è impossibile prevedere con precisione specifici eventi sismici; ma che non di meno, nel clima gruppale e comunitario che è comprensibilmente a tratti saturo di ansia, assumono proporzioni marcate.

In questi giorni, a tre settimane dall'evento sismico principale, la fase di emergenza acuta (almeno per l'intervento immediato sulla crisi) si può dire per certi aspetti conclusa, con la relativa stabilizzazione dello scenario operativo da un punto di vista di soddisfacimento dei bisogni fondamentali, organizzazione, logistica del sistema dei soccorsi.

Certamente, le diverse realtà sul territorio hanno sicuramente problematiche e situazioni diversificate anche da questo punto di vista, ma "l'urgenza del fare" dei primissimi giorni, per certi aspetti, inizia a mutare in qualcosa di ancora più articolato e complesso.

Per alcuni tipi di attività, si può quindi iniziare a pensare in termini di graduale passaggio, nelle prossime settimane, tra l'operatività "di crisi" e quella "del supporto di continuità".

Con l'evoluzione progressiva delle situazioni sul campo e dello scenario d'intervento muteranno infatti, almeno in parte, i problemi operativi con cui i nostri colleghi devono confrontarsi nei campi; l'attenzione alla dinamica psicosociale e comunitaria, dovrà probabilmente articolarsi ancora più nel senso della ripresa di "continuità esistenziale" oltre che "assistenziale" per la popolazione coinvolta.

Si tratta, anche per i soccorritori, di accettare e sostenere la transizione dall'assistere dei primi giorni, all'esistere di nuovo come popolazione attiva, autonoma, che si autogestisce con efficacia.

La costruzione di prospettive di senso sulla propria nuova realtà, il rientro nelle case (o la delusione del fallimento del progetto di rientro), il sostegno alla pensabilità di una "continuità" personale e famigliare nei mesi successivi, l'organizzazione di attività di supporto nel medio periodo, le tensioni tra comunità vicine per percepite asimmetrie nei servizi/benefici, la ripresa della regolarità della vita comunitaria in un contesto molto diverso dal precedente, l'usura emotiva, sociale e fisica della vita nelle tendopoli per molte settimane, sono tutti assetti "emergenziali/post-emergenziali" in cui un pensiero ed una pratica psicologica attentamente orientata potrà e dovrà fornire spunti e modelli di lavoro con le comunità colpite.

Luca Pezzullo

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