29 aprile 2006

L'attentato di Nassiriya e l'impegno delle FFAA

A distanza di due anni e mezzo, un nuovo attentato ha colpito il contingente italiano in Iraq. Quattro morti (tre italiani ed un rumeno) ed un ferito grave sono il risultato dell'attentato della mattina del 27, eseguito con una IED basata su carica cava, che ha colpito in pieno il VM90P su cui viaggiavano i 5 militari.
Il cordoglio per l'evento si affianca anche alla consapevolezza che l'Esercito e l'Arma in anni recenti hanno sviluppato procedure ed inquadrato personale altamente qualificato per la gestione degli stress traumatici da evento critico; personale che, in patria, supporta direttamente i parenti delle vittime, e, proiettato in teatro operativo, è in grado di supportare efficacemente anche i colleghi delle FF.AA. che sono stati indirettamente coinvolti nell'evento. La cultura della psicologia dell'emergenza sta, gradualmente ma significativamente, iniziando a filtrare anche all'interno dei Corpi Armati dello Stato. E' un trend importante, e l'incorporazione nelle Forze Armate di tali capacità operative (e soprattutto del "milieu culturale" che le sottende...) rappresenta davvero una tappa significativa nella predisposizione di adeguate misure di prevenzione e tutela del personale operativo militare, che, strutturalmente, può essere sottoposto a stressors fuori dall'ordinario (che, conseguentemente, richiedono di essere correttamente e coerentemente riconosciuti, e gestiti in maniera adeguata).

25 aprile 2006

Ci risiamo...

Ci risiamo, a meno di un anno di distanza ecco il nuovo attentato alle mete turistiche del Sinai: a Dahab due o tre kamikaze si sono fatti saltare in aria, uccidendo 18 persone e ferendone altre decine.

Articolo di Repubblica

Come al solito, il "timing" di questi eventi è sempre molto preciso, e cerca di fondere insieme dimensioni psicologiche e politiche: interessanti a proposito le analisi strategiche di Debka, uno dei più imporanti siti di approfondimento sulle questioni medio-orientali.

Debka

24 aprile 2006

Uno strano modo per gestire il PTSD nei militari americani: rimandarli al fronte sotto terapia

Un interessante articolo dello Union-Tribune di San Diego (del resto, area "ad alta densità militare" della US Navy) propone un tema abbastanza scottante: il massiccio reinvio nel teatro operativo iracheno di militari con diagnosi di PTSD, e con trattamenti psicofarmacologici in corso.

Link all'articolo originale

La reimmissione in teatro di tale personale è principalmente dovuto al fatto che le forze armate statunitensi, ampiamente impegnate nei diversi teatri iracheno ed afghano (oltre che nei posizionamenti ordinari), sono ormai ai limiti delle loro potenzialità logistico-operative nel garantire i previsti turni di rotazione delle unità. Anche la Riserva è ormai utilizzata in maniera estremamente massiccia, e da almeno un paio di anni il problema del bassissimo numero dei nuovi arruolamenti volontari è al centro delle preoccupazioni dei vertici militari. Dunque, tutti le unità ed il personale in "active duty" si trova a dover gestire un "optempo", ovvero tempo impegnato in operatività fuori area, nettamente superiore a quanto "dovrebbe essere". Capita così che molti reparti e migliaia di uomini che in altre condizioni avrebbero potuto rimanere negli Stati Uniti per più lunghi periodi di riposo tra un periodo operativo ed un altro si ritrovino a partire prima ancora di aver potuto "rielaborare gli eventi vissuti"; per molti soldati, si tratta addirittura di ritornare in Iraq prima ancora di aver superato la traumatizzazione emotiva del precedente turno di servizio.

Ora, anche se è vero che la psicotraumatologia militare è nata con la "forward psychiatry" ed i Principi di Salmon (1917), che prevedono che il militare traumatizzato debba essere reinviato nel più breve tempo possibile al fronte, proprio per evitare che sviluppi la convinzione di essere "ammalato", in realtà quei principi sono da applicarsi in un altro senso e con ben altre modalità. Qui sembra invece che si stia parlando di sindromi psicotraumatiche strutturate, in corso di trattamento con psicofarmarci. La "ritraumatizzazione massiccia di soggetti vulnerabili" non è esattamente quello che intendevano Roussy, Lhermitte e Salmon quando, durante la prima guerra mondiale, cercavano di ipotizzare delle modalità di supporto immediato per i militari turbati dagli orrori cui avevano assistito al fronte...

19 aprile 2006

Un pò in ritardo...

Mi scuso per l'assenza di aggiornamenti nelle ultime settimane; la conclusione di una serie di lavori mi ha veramente fatto finire "con l'acqua alla gola", e la sospensione temporanea degli aggiornamenti del Blog, purtroppo, ne è stata conseguenza diretta.
Ma adesso si torna all'operatività "ordinaria", ed entro breve verranno aggiunte una serie di news e di risorse web che spero possano rivelarsi MOLTO utili per chi si interessa del settore...
Luca