16 dicembre 2007

Novità in arrivo...

Dopo il lungo spazio dedicato al grande evento del Campo Scuola Nazionale di psicologia dell'emergenza di Rovereto, riprendono gli aggiornamenti del blog.

1) Vi anticipo che è in corso la messa a punto di un piccolo e gratuito "motore di ricerca", altamente specializzato nelle ricerche di materiali di psicologia dell'emergenza e psicotraumatologia, su cui spero di potervi aggiornare a breve termine.

2) Sto inoltre preparando una breve sintesi di alcune delle riflessioni successive al Campo-Scuola, sul rapporto tra psicologi ed altri enti/istituzioni coinvolti nella gestione dell'emergenza: un aspetto di pratica professionale spesso assai delicato, e verso cui noi psicologi non siamo sempre in grado di... "dare il nostro meglio".

Molto spesso, infatti, nelle situazioni di emergenza (non solo reale, ma anche simulata) il nostro "saper fare" professionale tende a riprodurre troppo spesso i modelli relazionali tipici dell'agire clinico "ambulatoriale", con un setting preciso, delle relazioni di ruolo precise, etc. In emergenza, al contrario, ci dobbiamo muovere secondo logiche e modalità profondamente diverse: non esiste un setting "esterno" e stabile, ma dobbiamo portare con noi un "setting internalizzato" in contesti confusi e inattesi; non dobbiamo "difenderci da interferenze esterne" (che temiamo essere un "vulnus" al nostro intervento), ma al contrario considerare le apparenti fonti di "disturbo esterne" (forze dell'ordine, personale di soccorso, istituzioni locali, etc.) come "risorse" importanti, e gestire quindi al meglio le nostre relazioni "sul campo" con le altre figure istituzionali/enti di soccorso...

Si tratta di temi essenziali nella preparazione e formazione degli psicologi dell'emergenza, che però troppo spesso sono ignorate e "messe in secondo piano" nei mille corsi formativi che vengono proposti dai vari provider pubblici e privati.
Ma nella formazione "all'emergenza" è spesso più importante capire come rapportarsi correttamente con le istituzioni, come gestire i rapporti sul campo ed in tempo reale con i Carabinieri ed i Vigili del Fuoco, conoscere - almeno livello basico - le sigle, le procedure e soprattutto le "logiche dell'intervento" del personale sanitario del SUEM-118, che sapere a memoria le tarature dell'ennesima scala psicometrica per il PTSD.

Altrimenti si è di fatto "condannati" ad essere disorientati, sostanzialmente incapaci di integrarsi efficacemente nel complesso sistema dei soccorsi, poco abili nell'"aiutare ad orientarsi" i nostri utenti/pazienti - visto che saremo noi i primi ad essere "disorientati" nella complessa situazione organizzativa in cui siamo immersi durante un intervento sul campo.

Ritorna il tema classico, che in questo spazio informativo è stato del resto ripreso spesso: lo psicologo dell'emergenza deve inziare a pensare sè stesso prima come un "operatore del soccorso", e solo "dopo" come uno psicologo.

I corsi di formazione, le associazioni di volontariato, le università devono quindi essere ben consapevoli che fornire ai loro allievi/associati adeguate occasioni per apprendere (anche sul campo) come funziona e come è organizzato - realmente e concretamente - lo "scenario operativo degli interventi di emergenza", è tanto importante quanto il fornire informazioni su come si conduce un debriefing o come si organizza un defusing.

... Il che ovviamente non toglie la fondamentale importanza di avere una solida formazione sulle scale psicometriche per il PTSD, sulla conduzione di un debriefing o l'organizzazione di un defusing. Ma, appunto, solo ed esclusivamente all'interno di una ben più complessa ed ampia matrice operativa, di comprensione contestuale più approfondita dell'organizzazione e del senso funzionale degli scenari dell'emergenza.

A prestissimo per gli altri aggiornamenti promessi !
Luca Pezzullo