23 novembre 2006

Delegati CRI rapiti e rilasciati a Gaza

Gianmarco Onorato e Claudio Moroni, due Delegati Internazionali della Croce Rossa Italiana operanti in Israele e Palestina, sono stati rapiti e rilasciati dopo poche ore a Gaza, da militanti locali.
La spiacevole - ma fortunatamente breve - esperienza ha coinvolto due professionisti coinvolti proprio in un progetto di psicologia dell'assistenza umanitaria.

Claudio e Gianmarco, infatti, operavano nel progetto di supporto psicosociale organizzato dalla Croce Rossa in tre centri locali, a Betlemme, Hebron e Gaza. Il progetto è rivolto in particolare ai bambini ed alle loro famiglie, e si articola in una serie di interventi ben organizzati, rivolti alle comunità locali.

La psicologia dell'emergenza, come si deve sempre ricordare, non è (solo) l'intervento "acuto" e "breve" nell'immediato post-evento di una maxiemergenza, quanto un modo per declinare la professionalità psicologica a 360 gradi nel contesto delle situazioni di crisi, anche e soprattutto attraverso strumenti e modalità di lavoro tipicamente psicosociali.

Ulteriori informazioni sul progetto a questo link della CRI:
Progetto Palestina

Onorato, esperto Capo-Delegazione CRI in Palestina, era stato appositamente affiancato da un collega psicologo, Moroni, che dopo diverse esperienze nei Balcani negli anni precedenti si trovava a svolgere il suo primo incarico all'estero come Delegato CRI (Moroni, tra l'altro, è anche uno dei componenti operativi del Servizio Psicologico di Emergenza dell'Ordine degli Psicologi/Protezione Civile della Regione Lombardia).

La specifica professionalità di Claudio era stata richiesta proprio per facilitare l'implementazione e supervisione tecnica degli interventi di supporto psicosociale rivolti alla popolazione; interventi che continueranno, ed in cui la CRI sta avendo davvero un ruolo centrale e riconosciuto.
E' da rimarcare positivamente sia l'attenzione che la CRI sta riservando alle tematiche del supporto psicosociale nelle situazioni di assistenza umanitaria, sia il grande impegno con cui tutto il Movimento di Croce Rossa (CRI, CICR, Mezzaluna Rossa Palestinese) si è immediatamente attivato per favorire il rapido rilascio dei due Delegati.

Un saluto ed un abbraccio di bentornato, quindi, a Onorato ed al collega Moroni !

07 ottobre 2006

Materiali - Lab.10 - Prepararsi all'Emergenza

PREPARARSI ALL’EMERGENZA.
L'ATTIVITA DI PREVENZIONE CON BAMBINI, ADOLESCENTI E ADULTI.

Il laboratorio, composto da un cospicuo gruppo di colleghi molto interessati al tema proposto, ha potuto rilevare quanto questa parte della psicologia dell’emergenza sia ancora priva di esperienze significative concrete nel territorio italiano e quanto spesso vengano sottovalutate dall’organizzazioni della protezione civile.

Nel gruppo stesso sono state evidenziate scarse esperienze nel settore della preparazione della popolazione dell’emergenza, si è lavorato quindi molto sulle esperienze proposte dai coordinatori. Il gruppo ha però elaborato una preziosa sintesi finale per sancire i punti importanti da tener conto in una programmazione seria di preparazione della popolazione all’emergenza.

La preparazione della popolazione all’emergenza, come parte integrante della psicologia dell’emergenza, comporta per lo psicologo una formazione centrata sull’acquisizione di:
- tecniche psicoeducative
- tecniche di gestione dei gruppi
- tecniche psicopedagogiche

Principi base dell’intervento formativo nel campo della prevenzione:

- Analisi dei bisogni: verifica dei rischi a cui è soggetto l’utente del percorso formativo; adeguamento del percorso ai bisogni evolutivi degli utenti;
- Partecipazione: Coinvolgimento attivo degli allievi; mobilitazione delle loro competenze;
- Continuità: evitare gli interventi spot e prediligere percorsi formativi strutturati nel tempo;
- Correttezza metodologica: programmare l’intervento; curare la comunicazione, adeguarsi alla fascia d’età coinvolta, differenziare i contenuti, costruzione di strumenti didattici adeguati;
- Focalizzazione dell’intervento sul gruppo: utilizzare le diverse tecniche di conduzione dei gruppi;
- Realizzazione della mediazione interistituzionale e del lavoro di rete per la programmazione e realizzazione del percorso;
- Centrare l’intervento sul principio dell’esperenzialità: programmare esercitazioni, simulate, promuovere l’acquisizione di competenze e capacità operative pratiche (primo soccorso, tecniche antipanico, antincendio ecc.);
- Promuovere le esperienze formative all’interno di un contenitore ludico-fantastico se rivolte ai bambini;
- Affrontare i contenuti in termini interdisciplinari;
- Curarsi della motivazione alla partecipazione al percorso formativo;
- Curare la restituzione sul percorso realizzato attraverso la verifica del raggiungimento degli obiettivi previsti.

Rita Di Iorio, Daniele Biondo

Materiali - Lab. 5 - Debriefing Psicologico

IL DEBRIEFING PSICOLOGICO

Il Debriefing psicologico, considerato uno strumento-principe della psicologia dell'emergenza, è stato preso in considerazione nel Laboratorio attraverso testimonianze dirette della sua applicazione in contesti di emergenza.
Ideato nel 1983 da Jeff Mitchell (psicologo ed ex-pompiere statunitense) all'interno di un modello di gestione dello stress da incidenti critici, il Debriefing psicologico, che rappresentava una piccola parte dell'intervento studiato a sostegno delle squadre di soccorritori nel post-emergenza, si è rapidamente diffuso a livello internazionale assurgendo - di per sé – a strumento di pronto soccorso psicologico valido anche per le vittime.

Apparentemente di facile applicazione per la sua procedura standardizzata, il suo uso indiscriminato nei contesti più disparati ha indotto la comunità scientifica, specialmente in ambito europeo, a rivederlo criticamente ponendo attenzione più che al rispetto della rigida sequenza procedurale alla comprensione dei processi dinamici che nel corso del Debriefing scaturiscono dal gruppo.

Nel Laboratorio, dal confronto tra esperienze sul campo è emersa la raccomandazione di inserire sempre e comunque il Debriefing psicologico all'interno di un programma più generale di intervento sulla crisi, considerandolo un anello della catena del soccorso psicologico e psico-sociale. E' emersa anche, in linea di massima, la sua validità come strumento di sostegno non routinario a squadre omogenee - cioè con pari grado di esposizione al trauma - di soccorritori, per informare i partecipanti sui possibili effetti dell'impatto con eventi gravemente stressanti, accomunarli ed accoglierli in uno spazio di ascolto, permettere loro di condividere e metabolizzare le emozioni.

Per quanto riguarda invece la sua applicazione su gruppi di vittime di eventi critici, sulla base delle testimonianze presentate nonché della vasta letteratura sull'argomento si è raccomandata grande prudenza, poiché i fattori in gioco - rispetto ai gruppi strutturati di soccorritori - sono molto più numerosi e più complessi.

Prioritaria deve essere l'analisi dei bisogni della comunità colpita e della fase in cui si interviene, la consapevolezza del contesto esterno in cui si va ad operare nonché di quello interno entro il quale si opera in quanto psicologi dell'emergenza (per quale organizzazione o istituzione? con quale programma? con che tempi?).
Ma se l'intervento di Debriefing psicologico su un gruppo omogeneo di vittime sarà valutato opportuno e garantito il suo successivo “follow-up”, lo psicologo dell'emergenza avrà a disposizione uno strumento importante per ridurre l'impatto emotivo dell'evento attraverso le parole, “normalizzare” le reazioni acute da stress con l'informazione e il confronto, far intravvedere la possibilità di superare le modalità di pura sopravvivenza dovute alla crisi per ripristinare le normali attività antecedenti.

Ci sarà anche l'occasione di monitorare in modo indiretto i casi di disagio più grave, che potrebbero necessitare di una presa in carico individuale.
In più, con il Debriefing psicologico ci sarà l'opportunità per chi si ritrova “vittima” di dare un senso all'esperienza traumatica anche attraverso l'appartenenza al gruppo, per lo psicologo dell'emergenza di creare uno spazio di ascolto che possa ridare ad ogni “vittima” il suo status di persona, membro della comunità.

Isabella De Giorgi

Materiali - Lab. 4 - Emergenze Internazionali

La Progettazione degli interventi psicosociali nelle emergenze internazionali

Il periodo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta ha rappresentato una fase topica nel percorso di integrazione della Psicologia nell’ambito delle emergenze internazionali. E’ con le guerre jugoslave infatti, quella bosniaca prima, quella kossovara poi, che i progetti di assistenza psicologica alle vittime dei conflitti armati si sono affiancati in modo massiccio ai tradizionali interventi di tipo sanitario, nutrizionale, abitativo e socio-assistenziale caratteristici degli interventi nelle emergenze complesse. Si calcola infatti che nelle guerre jugoslave in complesso siano stati finanziati e realizzati 185 programmi psicosociali. Da allora la funzione psicologica nell’aiuto umanitario è andata via via consolidandosi anche in contesti ove potrebbe apparire culturalmente lontana come in Africa.

Le aree principali in cui oggi si attivano progetti psico – sociali sono, oltre alle catastrofi naturali come lo Tsunami, l’assistenza ai rifugiati, la tutela minorile, relativa a fenomeni quali i bambini di strada o i bambini soldato, l’assistenza psicologica alle vittime di violazione dei diritti umani, violenze sessuali, tortura, “pulizie etniche”.
Ma come si definisce in concreto un intervento psicosociale ? Si tratta di un insieme di azioni finalizzate a restituire ai singoli e alla comunità il benessere psicosociale compromesso dalla catastrofe valorizzando le risorse locali, ove per “benessere psicosociale” si intende la compresenza di tre fattori: la funzionalità individuale, cioè la salute psico – fisica e il repertorio di conoscenze e competenze di una persona, l’ecologia sociale, cioè le relazioni sociali e la rete di supporti su cui l’individuo può contare, il sistema culturale – valoriale, cioè lo specifico contesto comunitario che influenza l’esperienza degli eventi, l’attribuzione di significato e le risposte alle difficoltà della vita.

Le situazioni di emergenza compromettono il benessere psicosociale delle popolazioni colpite su diversi piani: in primo luogo, la funzionalità individuale può venire compromessa da sindromi depressive, dallo sconvolgimento della vita sociale o da disabilità fisiche; la morte di persone provoca la perdita di manodopera nelle famiglie e nella comunità. Anche il sentimento di perdita del controllo sugli eventi contribuisce a indebolire la capacità di far fronte ai problemi. In secondo luogo, le guerre e i disastri naturali possono portare alla distruzione dell’ecologia sociale di una comunità, modificando le relazioni tra le famiglie e rendendo difficile il funzionamento delle organizzazioni civili e religiose. La cultura e i valori di una comunità infine possono venire sconvolti quando sono negati i valori comuni e violati i diritti umani. Può diventare difficile in questi casi osservare le tradizioni culturali che davano un senso di unità e di identità comunitari. I conflitti possono anche aumentare o rinforzare l’immagine negativa di altri gruppi politici, religiosi, etnici portando a una escalation di violenza e odio.

In tutti questi casi, quando una emergenza colpisce paesi che non posseggono risorse strutturali ed economiche in grado di far fronte alla catastrofe, si configura l’intervento internazionale, finanziato e indirizzato dalle grandi agenzie intergovernative, ONU e Unione europea, o governative, i singoli stati, e realizzato in gran parte dalle agenzie non governative. Per tali interventi, che si realizzano in contesti caratterizzati dalla precarietà, spesso dalla instabilità, in una dimensione quindi estremamente complessa che richiede una accurata programmazione, lo strumento di elezione è rappresentato dal progetto, una cornice operativa i cui obiettivi, metodologie, mezzi, costi e tempi sono predefiniti in base a puntuali studi di fattibilità che tengono conto di tutte le variabili in gioco.

Ciò vale per ogni tipo di intervento, anche per quelli psicosociali. A parte le emergenze immediate, ove si applicano gli standard dello Psychological First Aid (PFA), l’intervento psicosociale nelle emergenze internazionali si colloca infatti prevalentemente nelle situazioni di post emergenza e di riabilitazione. In questi casi l’utilizzazione di uno strumento come il progetto è indispensabile sia per garantire la qualità degli interventi sia per ottenere i finanziamenti dai donors sia infine per costruire una base di negoziazione con le controparti locali.
Il termine “progetto psicosociale”, che è andato ormai affermandosi in campo internazionale, è stato preferito ad altri per precisi motivi. Nel passato molti progetti concernenti la salute mentale erano basati unicamente sulla presa in carico psichiatrica. Se è vero che nelle comunità colpite vi sono sempre pazienti psichiatrici cronici e soggetti gravemente traumatizzati che necessitano di adeguati trattamenti e tutela, in realtà ogni evento traumatico provoca stress e sofferenze che hanno un forte impatto sugli individui e le comunità. Stress e sofferenza non sono malattie psichiatriche, ma normali reazioni a eventi violenti e straordinari e classificarle come psichiatriche è inappropriato.

Il termine “intervento psicosociale” appare quindi preferibile in quanto da una parte enfatizza la stretta connessione tra gli aspetti psicologici (pensieri, emozioni e comportamenti) e quelli sociali (interrelazioni, tradizioni, valori e cultura) e la loro interdipendenza, dall’altra evita il rischio di una stigmatizzazione delle popolazioni colpite dalla catastrofe che potrebbero non riconoscersi nelle categorie nosologiche occidentali; implica infine che nelle emergenze complesse l’intervento psicologico, per avere significato, non deve restare isolato ma accompagnarsi a contestuali interventi di altro tipo rispondenti a bisogni primari dei beneficiari, quali quelli socio-economici, socio-educativi e socio-sanitari.

Dott. Paolo Castelletti

Materiali - Lab. 3 - Comunicazione cattive notizie

COMUNICARE CATTIVE NOTIZIE
Fabio Sbattella


La letteratura scientifica internazionale ha mostrato, negli ultimi anni, un crescente interesse al tema degli effetti psicologici di notizie negative ed inattese. In particolare, l’attenzione è stata posta in ambito sanitario alla comunicazione delle diagnosi infauste, nella consapevolezza clinica che una corretta comunicazione può facilitare l’adesione ai programmi di cura, migliorare la qualità di vita della persona malata, agire in termini di prevenzione secondaria rispetto a possibili traumatizzazioni. La riflessione sul tema delle “Bad news” va comunque al di là di aspetti strettamente clinici. Essa sottolinea l’attenzione a recuperare la dimensione umanistica del lavoro sanitario e ripensare il rapporto sanitari-pazienti in termini di empowerment.

Porre cura ed attenzione ai momenti più delicati dei percorsi di sofferenza risponde infatti anche ad esigenze etiche e deontologiche e può contribuire a ridurre quella massa di azioni legali che i malati promuovono nel tentativo di veder riconosciuta la propria dignità, ferita da sistemi di aiuto tecnologizzati, molto difesi e burocratizzati. Porre i cittadini in grado di accogliere e comprendere le informazioni emotivamente più difficili, significa inoltre facilitare la conservazione di quel senso di efficacia sulla propria vita e sulla realtà circostante che risulta indispensabile per agire le scelte sollecitate dalle situazioni critiche.

Nei contesti tipici dell’emergenza poi, il tema della comunicazione di notizie infauste assume una dimensione di grande complessità, vista l’ampiezza numerica dei gruppi coinvolti, la gravità delle situazioni, la drammatica e strutturale carenza di tempo.
Il laboratorio da noi condotto all’interno del primo campo scuola per psicologi dell’emergenza a Rovereto, ha puntato l’attenzione sugli strumenti ed i saperi specialistici, utili a migliorare i processi di comunicazione in caso di “Bad news”.
Hanno partecipato ai lavori una trentina di colleghi, provenienti da 12 diverse Regioni italiane e con diversi livelli di esperienza in merito. E’ stata un’occasione per confermare e condividere esperienze consolidate, presso le Aziende ospedaliere (ad esempio in Valle D’Aosta), le ASL (ad esempio a Milano), le Municipalità (ad esempio Firenze), ed anche per scambiare notizie di ricerche significative, realizzate a Cesena, Milano, Verona, in grado di dare supporto teorico e sperimentale alle buone pratiche proposte dai professionisti sul campo.

Rileggendo insieme le linee guida proposte dai colleghi statunitensi e divulgate anche in Italia, è stato evidenziato come, al di là di indicazioni puntuali ed attenzioni linguistiche, sia importante riflettere sulle implicazioni emotive e sulle possibili identificazioni che inevitabilmente emergono, in particolare nelle comunicazioni di decesso.
I concetti di empatia e contenimento emotivo, sono oggi riletti alla luce delle teorie sull’intelligenza emotiva, ma al di là dei rinnovati inquadramenti teorici, suggeriscono la necessità di una attenta e profonda formazione di chi è preposto o desidera essere accanto ai familiari, ai bambini, ai sopravvissuti che hanno perso qualcuno in emergenza.

Cruciale è apparso anche il fattore temporale, che oltre ad essere deformato, nei vissuti personali, dalle vicende traumatiche, è anche compresso dalla frequente presenza dei media nei momenti di vita più drammatici per svolgere un’azione informativa tempestiva in una società estremamente connessa a livello mediale.
Tra dilemmi etici e complessità organizzative, il laboratorio si è chiuso con una serie di ipotesi in grado di stimolare la ricerca e con un impegno: diffondere la notizia che la psicologia italiana è pronta per scendere in campo accanto a chi è costretto a ricevere o fornire notizie sulla vita che possono, per molti aspetti, rivelarsi decisamente dolorose.

Fabio Sbattella

Materiali - Lab. 2 - Formazione e Selezione Volontari

Laboratorio 2: Formazione dei Soccorritori e Selezione dei Volontari

Un numero elevato di esperienze e metodologie di lavoro si sono mescolate e confrontate dando luogo - nonostante l'esiguità del tempo a disposizione - a scambi significativi che rientrano nel campo della psicologia applicata e fanno riferimento a più scuole e orientamenti teorici.
Tali contributi e punti di vista – a volte anche antitetici -costituiscono una ricchezza alla quale attingere nelle diverse situazioni e contesti di emergenza.
La formazione dei soccorritori è in realtà una formazione che coinvolge persone appartenenti a istituzioni e servizi pubblici, ma anche ad associazioni di volontariato e comunità locali che, con ruoli diversi e specificità professionali e umane, si trovano ad agire prima, durante e successivamente a situazioni di emergenza di varia natura.

Le variabili soggettive dell'attività di soccorso, la qualità della prestazione e il ruolo che la psicologia applicata possono svolgere per sostenere istituzioni, organizzazioni, gruppi, professionisti e volontari sono stati oggetto di riflessioni.
Molti i punti di convergenza dei diversi tavoli di lavoro, da cui nascono alcuni messaggi chiave in tema di formazione e selezione:

1- Il valore del “rispetto” inteso come valore fondante e centrale da declinare e definire nella pratica all’interno di scelte in capo ad organizzazioni, persone, situazioni;

2 - L’indispensabilità di individuare azioni in grado di rendere noti e accettabili i contributi che la psicologia può offrire al mondo delle professioni in genere, e quindi anche a realtà del “soccorso” che, per tradizione, eludono approcci in tal senso;

3 - L’importanza di attivare scambi reali tra i diversi attori che agiscono nelle emergenze per fare in modo di costruire vocabolari e conoscenze condivise a cui ognuno possa attingere per comprendere, descrivere e mettere in comune esperienze ed emozioni;

4 - L’importanza di distinguere le richieste indirizzate alla formazione dai bisogni formativi realmente presenti e dalle prerogative individuali alla base di ogni apprendimento;

5 - La necessità di passare dal concetto di “selezione” (l’uomo giusto al posto giusto) a quelli di “accoglimento” “informazione” “orientamento” e aprire la riflessione sui processi in grado di valorizzare i potenziali motivazionali e le caratteristiche esistenti nei soccorritori;

6 - L’idea che la disponibilità dei volontari rappresenta comunque una risorsa che va accolta e che si accosta alla necessità formativa di mettere in atto iniziative che non possono prescindere dal considerare le diverse variabili che entrano in gioco quando l’individuo si interfaccia con un’organizzazione;

7 - L’importanza di riflettere sulla formazione dei soccorritori considerandola come un processo di azioni, ma anche di omissioni che agiscono all’interno di tempi e si
collocano a livello di gruppo, di individuo, di organizzazione dando origine a
comportamenti che possono costituirsi come indicatori di verifica;

8 - L’idea forte che la formazione alle emergenze debba essere orientata a creare una
cultura della prevenzione che non può fare a meno di “nutrirsi” di piani di
comportamento definito, di sensibilità e azioni consapevoli che solo dopo esser stati
ben descritti, possono essere trasferiti al fine di permettere un’assimilazione da parte dei diversi mondi presenti nel territorio (popolazione, genitori, insegnanti, ragazzi, bambini, ecc.).

Manuela Bailoni, Delfo Bonenti, Giampaolo Libardi, Vittorio Tripeni

MATERIALI ROVERETO - NBCR

Simulazione NBCR

Nel corso del Campo-Scuola si è svolta una simulazione dai risvolti particolarmente interessanti: all’interno di una complessa esercitazione NBCR, per la prima volta in Italia, si è voluto sperimentare l'inserimento di una squadra di Psicologi dell'Emergenza direttamente all'interno di strutture di decontaminazione NBCR della CRI del Trentino.

L'idea di base era che gli psicologi avrebbero potuto non solo iniziare a mediare fin dalle prime fasi le difficoltà emotive legate all'incidente NBCR ma che, soprattutto, avrebbero potuto collaborare con gli operatori NBCR per gestire professionalmente tutti i casi "comportamentali" più "difficili" (persone agitate, oppositive, confuse), al fine di liberare risorse tecniche e rendere più rapido, efficiente e sicuro il passaggio nella catena di decontaminazione.
Dunque, un ruolo doppio per gli psicologi: da un lato il "classico" intervento di sostegno emotivo; dall'altro un'intervento di gestione dei casi difficili finalizzato espressamente a rendere più rapida la catena con la conseguente riduzione dei tempi tecnici necessari per le operazioni di decontaminazione.
Ulteriore obbiettivo degli psicologi, lo sperimentare e comprendere attraverso l'esperienza diretta quali regole di comportamento e comunicazione non verbale potessero risultare più efficaci per operatori "scafandrati" al fine di gestire tali situazioni, per condividerle poi con tutti gli altri operatori.

Gli otto psicologi coinvolti (quattro maschi e quattro femmine) dalla sera prima hanno iniziato una preparazione breve ma intensiva sull'uso corretto dei DPI (tute NBCR, maschere antigas, filtri chimici), sulle procedure di vestizione e di sicurezza, e sui concetti fondamentali del lavoro di decontaminazione. Fino a tarda notte hanno sperimentato le difficoltà di comunicazione con le maschere antigas ed i filtri, cercando di valutare le migliori procedure alternative utilizzabili per il loro specifico lavoro.
Al mattino, suddivisi a coppie nelle stazioni iniziali e finali delle due catene di decontaminazione (maschile e femminile), hanno iniziato l'esercitazione assieme agli Istruttori CRI. Lo scenario simulato prevedeva un grave incidente chimico in una fabbrica (fuga di dicloro metano), e la necessità di decontaminare diverse decine di persone (compresi numerosi casi "difficili", ben recitati da un apposito gruppo di psicologi-simulatori: dalla donna incinta e terrorizzata allo straniero che non parla italiano; dalla giovane sordomuta oppositiva al soggetto catatonico; dal giovane violento all'anziano confuso).

L'esercitazione si è svolta brillantemente, producendo risultati nettamente superiori alle aspettative di tutti, sia tra gli Psicologi che tra gli Istruttori NBCR della CRI. Psicologi e Operatori NBCR si sono integrati in maniera molto efficace, e l'azione di supporto nelle catene di decontaminazione è stata apprezzata da tutti i partecipanti, simulatori e osservatori.

Nel debriefing congiunto finale sono state condivise delle indicazioni preziose, come la necessità di utilizzare segni di riconoscimento chiari per psicologi ed operatori; di sviluppare codici non verbali semplificati per comunicare in contesti "confusi"; di utilizzare meglio cartelli e comunicazioni visive che aiutino le vittime a orientarsi meglio nella catena di decontaminazione; ed alcune indicazioni pratiche su come gestire concretamente situazioni di panico e conflittualità all'interno della struttura di decontaminazione.
Un’esperienza di integrazione da ripetere, ed un importante tema tecnico-operativo da approfondire ulteriormente.

Luca Pezzullo

MATERIALI CAMPO-SCUOLA DI ROVERETO

Nei prossimi post verranno progressivamente inserite una serie di brevi relazioni sullo stato dei lavori al Campo-Scuola nazionale di Psicologia dell'Emergenza di Marco di Rovereto, curati dai diversi responsabili dei Laboratori.
Alcuni di questi materiali sono stati anche inviati alla rivista "La Protezione Civile", per uno speciale sul Campo-Scuola.

30 settembre 2006

Master di Padova

Il tema della formazione post-lauream in Psicologia dell'Emergenza, in Italia, è particolarmente rilevante.
Per chi è interessato a questo settore, che di fatto è piuttosto giovane ed assai delicato, iniziare con una formazione "solida" e ben strutturata è un presupposto fondamentale per la sicurezza ed efficacia del proprio stesso agire professionale.
Dopo un'iniziale periodo di "confusione", negli ultimi anni anche nel nostro paese hanno iniziato a strutturarsi opportunità formative di buon livello, sia a livello pubblico che privato, che sono ormai riconsciute come "punti di riferimento" per chi è interessato ad avviarsi a questo settore.
Anche se sono pienamente consapevole di essere in piccolo "conflitto di interessi" (vi svolgo qualche ora di docenza), ritengo comunque opportuno segnalare tra queste "opportunità formative ormai consolidate" la Terza Edizione del
"Master Universitario in Psicotraumatologia e Psicologia dell'Emergenza",
presso la Facoltà di Psicologia dell'Università di Padova.

Il Master, di durata biennale, è riservato a Psicologi e Medici, ed anche per quest'anno ha l'obbiettivo di portare avanti la sua tradizione di specializzazione formativa nei settori del trauma psichico, della progettazione ed implementazione degli interventi di psicologia dell'emergenza, di comunicazione e percezione del rischio, di interventi clinici e psicosociali nei contesti di disastri, emergenze e operazioni umanitarie in Italia ed all'estero.

Il Master è uno dei pochissimi che in Italia può fregiarsi dell'alto Patrocinio della Protezione Civile Nazionale, ed è convenzionato con numerose realtà di Croce Rossa, Protezione Civile, Enti ed Associazioni di soccorso.
In quanto Master Universitario, permette inoltre il riconoscimento formale della validità del titolo accademico acquisito, e garantisce l'esenzione per gli iscritti
dall'obbligo ECM.

Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito del Master:
http://emergenza.psy.unipd.it
(data di scadenza iscrizioni 31 ottobre 2006)

Un saluto a tutti,
Luca

21 settembre 2006

"Un minuto..."

Una collega del Servizio Psicologico di Emergenza dell'OPL, dopo una lunga notte di lavoro in via Lomellina, ha voluto condividere con i colleghi questa poesia; la ringrazio per averne permesso la riproduzione.

"1 minuto e la vita si trasforma in morte,
1 minuto e la tua vita cambia,
1 minuto e la cena abituale diventa l'ultimo pasto,
1 minuto e una robusta palazzina di quattro piani, si fonde come burro al sole.
in un 1 minuto gli estranei diventano vicini,
in 1 minuto i problemi di uno diventano quelli di molti.
per noi che eravamo lì ieri sera, 1 minuto era l'eternità,
mentre i vigili scavavano,
mentre i cani cercavano,
mentre i soccorsi sanitari correvano,
mentre la polizia cercava di contenere l'incubo,
mentre gli psicologi provavano a tendere ai parenti una mano dal pozzo, cercando di non essere tirati dentro."

18 settembre 2006, Milano

Chiara Cimbro, Servizio Psicologico di Emergenza - OPL

20 settembre 2006

Via Lomellina

A poco più di 24 ore di distanza dalla chiusura del Campo-Scuola di Rovereto, purtroppo, la realtà ha sostituito la simulazione.

Il crollo della palazzina di Via Lomellina, a Milano, ha causato 4 morti e numerosi feriti. Nella serata, poco dopo il crollo, la Protezione Civile Regionale della Lombardia ha deciso di avviare le procedure di attivazione del Servizio Psicologico di Emergenza (SPE-OPL), la cui Squadra di Reperibilità è giunta rapidamente sul posto.
I colleghi attivati erano tra coloro che poche ore prima erano a Trento, con tutti gli altri partecipanti al Campo-Scuola, impegnati tra Laboratori ed esercitazioni.
La presa in carico delle famiglie è avvenuta secondo i classici principi di "outreaching" e "roaming" che caratterizzano lo SPE-OPL, e che si sono diffusi ormai a quasi tutti gli altri gruppi operativi italiani di psicologia dell'emergenza.

Un pensiero forte va alle vittime ed ai loro parenti, ai feriti ed alle loro famiglie, ed a tutti i nostri colleghi ed altri soccorritori che hanno operato incessantemente a loro sostegno.

19 settembre 2006

GRAZIE E COMPLIMENTI A TUTTI !

Grazie e complimenti a tutti ! :-)

Il Campo-Scuola di Marco di Rovereto si è svolto nel fine settimana appena trascorso. Il suo successo è andato ben oltre le più rosee previsioni di tutti.
250 psicologi dell'emergenza di tutte le principali associazioni nazionali di settore, decine di operatori e volontari della Croce Rossa del Trentino, della Protezione Civile del Trentino, numerosi osservatori e dirigenti di Protezione Civile Nazionale, SUEM, Università, Enti Locali, gli straordinari cuochi e volontari del NUVOLA si sono riuniti ed hanno vissuto lavorato insieme inteNsamente per tre giorni, tra workshops, laboratori, esercitazioni complesse, simulate, conferenze, grappe notturne e incontri informali ad ogni angolo del Campo.
La sensazione di tutti, trasversalmente, è stata quella di partecipare ad un grande evento professionale.

Un grande, enorme entusiasmo, unito alla fortissima voglia di partecipare, vedere, conoscersi ha caratterizzato questi bellissimi tre giorni. Molti dicevano apertamente che è stato davvero un "momento fondativo" per la comunità italiana degli psicologi dell'emergenza, un'occasione veramente speciale che pone le basi per nuovi sviluppi, nuove idee, nuove integrazioni per l'intera categoria professionale della psicologia dell'emergenza.

GRAZIE A TUTTI I PARTECIPANTI PER AVER VOLUTO CONDIVIDERE PER QUESTI TRE GIORNI LAVORO INTENSO, PIOVOSE NOTTI IN TENDA, UNA FORTE PASSIONE E MOLTI, IMPORTANTI, "SPAZI DI PENSIERO".
E' STATO DAVVERO UN EVENTO "STORICO" PER IL NOSTRO SETTORE, ED UN'ESPERIENZA PIACEVOLE E FORMATIVA; SICURAMENTE DA RIPETERE, E MAGARI AD INTERVALLI FISSI !

Una parola deve poi essere spesa per l'organizzazione impeccabile del Campo, curata con grandissima competenza dai volontari del Nucleo Volontari Alpini (NUVOLA), della Protezione Civile e dalla Croce Rossa Italiana del Trentino, cui vanno i sentiti ringraziamenti di tutti i partecipanti per aver permesso la realizzazione concreta di questo Campo.
Le vere e proprie "standing ovations" a cuochi e volontari, con lunghi applausi di centinaia di partecipanti ad ogni pranzo e cena, hanno testimoniato l'altissima qualità del vitto, che era decisamente più da "ristorante", che da "campo addestrativo".

Un ringraziamento particolare va a chi ha lavorato "stakhanovisticamente" dietro le quinte: tutto il Comitato Organizzatore, che per mesi (ed in particolare nelle ultime settimane) ha lavorato intensamente e gratuitamente per riuscire ad organizzare e coordinare tutto quanto. In particolare, Giovanna Endrizzi ha coordinato tutta la complessa attività di Segreteria, dedicandovisi giorno e notte assieme alla sua squadra sia nelle settimane precedenti che per tutta la durata del Campo-Scuola.

Ed a Luigi Ranzato va il merito speciale di aver saputo "immaginare", organizzare e realizzare questo evento così fuori dall'ordinario, curandone la regia con la collaborazione diretta di PxP Trentino ed il supporto di tutta la Federazione Nazionale di Psicologi per i Popoli.
Grazie davvero a tutti !

Allo stesso tempo, gli psicologi dell'emergenza italiani hanno dimostrato di saper essere... disciplinati e adattabili: nessun problema e grande collaborazione da parte di tutti, decine di psicologi armati di ramazza e secchio che hanno fatto le loro corvée di pulizie senza un lamento e con efficienza svizzera :-), partecipazione massiccia e puntuale a tutte le esercitazioni.
Insomma, una bella prova di maturità ed impegno per tutti i partecipanti.

Se volete condividere pensieri, idee, riflessioni, commenti sul Campo, basta cliccare come al solito sul tasto "commenti" in fondo ad ogni post del blog.

Nei prossimi giorni e settimane, su questo blog verranno inseriti commenti ed approfondimenti e sintesi concettuali su quanto emerso al Campo, cercando di continuare il dialogo "collettivo" iniziato già alcune settimane fa.

Ricordo inoltre a tutti che il sito ufficiale dell'Associazione Organizzatrice, Psicologi per i Popoli (http://www.psicologiperipopoli.it) riporterà probabilmente a breve ulteriori informazioni, commenti e contributi del "post-Campo".

Alla prossima edizione ! :-)

07 settembre 2006

"CRITERI DI MASSIMA"

SONO STATI FINALMENTE PUBBLICATI IN GAZZETTA UFFICIALE I "CRITERI DI MASSIMA SUGLI INTERVENTI PSICO-SOCIALI DA ATTUARE NELLE CATASTROFI", L'ATTESO DOCUMENTO-QUADRO SULL'INTERVENTO PSICOLOGICO IN EMERGENZA.

G.U. n. 200 del 29/08/2006.
Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 giugno 2006
"Criteri di massima sugli interventi psico-sociali da attuare nelle catastrofi"


Lo si trova in evidenza sulla pagina http://gazzette.comune.jesi.an.it/index.html, oppure per 60 giorni in http://www.gazzettaufficiale.it/index.jsp cliccando di seguito: Serie Generale, n. 200 del 29-08-2006.


Si accompagna alla notizia una breve analisi, che è stata da poco ricevuta dal Blog.



"La Direttiva emanata dalla Presidente del Consiglio dei Ministri 13 giugno 2006 rappresenta una tappa importante nel processo di legittimazione e organizzazione degli interventi psicosociali da parte del Dipartimento di Protezione Civile. L'importanza ed alcune criticità di tale processo vanno tuttavia letti su più livelli interpretativi.

1) IMPORTANZA:

A) Sul piano formale e giuridico, questa direttiva rappresenta un significativo completamento attuativo della precedente direttiva emanata nel 2001 (1) con la quale "l'assistenza psicologica" veniva collocata all'interno della cosiddetta FUNZIONE 2 (Assistenza sanitaria e veterinaria, assistenza sociale). Una principio importante perché per la prima volta in Italia veniva prevista l'ASSISTENZA PSICOLOGICA in caso di catastrofi. Con questa nuova direttiva si può dire concluso il processo di legittimazione della psicologia e della psichiatria negli scenari dell'emergenza e colmato il divario che esisteva tra l'Italia e gli altri paesi occidentali;

B) Sul piano etico e valoriale da questa direttiva risulta un riconoscimento esplicito dei bisogni psicosociali degli individui e delle popolazioni colpite da calamità e disastri e del loro diritto ad essere soccorse anche rispetto a questa dimensione individuale e comunitaria. Ma anche sui bisogni psicosociali dei soccorritori viene posta una nuova attenzione e previsto un aiuto specifico;

C) Sul piano operativo, per la prima volta vengono indicate alle regioni modelli organizzativi che sollecitano la presenza effettiva e non virtuale delle professioni psy (psicologi e psichiatri) del servizio sanitario sullo scenario dell'emergenza accanto ad altri operatori sanitari;

D) Sul piano culturale si deve segnalare l'attenzione posta alle iniziative di formazione degli individui e delle comunità a scopo preventivo;

E) Infine sul piano tecnico-professionale risulta interessante la proposta di un triage psicologico e la sottolineatura data alla preparazione e formazione specifica dei professionisti psicologi e psichiatri dell'emergenza.

2) CRITICITA':

A) La collocazione dell'assistenza psicologica nell'area della Funzione 2 (Sanità), se risulta importante per gli aspetti clinici e psichiatrici, nella pratica operativa rischia d'essere inibente per tutti quegli aspetti non clinici che vengono inclusi dal termine psicosociale e che rappresentano la maggiore espressione dei bisogni dopo un disastro e degli interventi di sostegno agli individui e alle comunità;

B) In questi anni, soprattutto a livello territoriale (Regioni, Province, Comuni) sono state esperimentati e riconosciuti attraverso il volontariato professionale degli psicologi modelli organizzativi forse più duttili ed efficienti di quelli che si potrebbero realizzare con le costituende Equipe Psicosociali dell'Emergenza in ambito del Servizio Sanitario Pubblico notoriamente ancora appesantito da burocrazie, carenza di risorse, conflitti di potere...

C) La possibile integrazione del personale dipendente con "ulteriori risorse identificate nell'ambito di associazioni di volontariato, enti locali, ordini professionali, etc." risulta del tutto convincente, ma l'indicazione appare ancora alquanto vaga e di difficile attuazione pratica;

D) Nell'uso della terminologia "psicosociale", "psicologica", "psichiatrica", appare una certa ambiguità rispetto ai contenuti e alle attività;

E) L'utilizzo della sigla PSIC nella casacca verde potrebbe non essere né di facile lettura né di chiara identificazione: meglio sarebbe stato riservare "psicologo" agli psicologi e "psichiatra" agli psichiatri;

In conclusione ci si augura che questi indirizzi operativi nazionali trovino nelle Regioni non solo una accoglienza sui principi e sui valori, ma anche un'attuazione operativa ed organizzativa più coerente con le positive esperienze effettuate in questi anni, soprattutto nel volontariato professionale degli Psicologi.

(1) Decreto del Ministero dell'Interno 13 febbraio 2001, G.U. n. 81 del 06.04.2001, "Criteri di massima per l'organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi" (Comunicato n.116, Supplemento G.U. n.109 del 12 maggio 2001) con la quale si enunciavano (in forma di principio) all'interno della FUNZIONE 2 (Assistenza sanitaria e veterinaria, assistenza sociale) le "attività di assistenza psicologica e di assistenza sociale alla popolazione" che comprende "assistenza psicologica, igiene mentale, assistenza sociale, domiciliare, geriatrica".
Un anticipo dell'attuazione di tale principio della necessaria "assistenza psicologica" lo si può tuttavia già riscontrare in un altro documento applicativo della Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2006 (G.U. n.87 del 13 aprile 2006): "Indicazioni per il coordinamento operativo di emergenze dovute ad incidenti stradali, ferroviari, aerei e di mare, ad esplosioni e crolli di strutture e ad incidenti con presenze di sostanze pericolose" (G.U. n.101 del 3 maggio 2006)".

25 agosto 2006

Commenti

Buondì a tutti,

gli spazi tematici stanno iniziando ad animarsi, con i primi contributi ed i primi ("densi" !) commenti.
Ricordo a tutti che la partecipazione e l'invio di commenti è libera per tutti i lettori del Blog; per leggere i Commenti degli altri ed inviare i propri è sufficiente cliccare sul piccolo link in bianco "Comments", presente sotto ogni spazio di discussione.

Buon lavoro,
Luca

17 agosto 2006

Laboratorio 11: "L'intervento psicologico di emergenza nel contesto degli interventi di P.C. Lezioni apprese dopo l'esperienza Tsunami"

Responsabile: Rita Erica Fioravanzo

Laboratorio 10: "Prepararsi all'emergenza. Le attività di prevenzione con bambini, adolescenti, adulti"

Responsabili: Rita Di Iorio, Daniele Biondo

Cari colleghi
Vorremmo avanzare alcune proposte per l’organizzazione del laboratorio n.10 "Prepararsi all'emergenza. Le attività di prevenzione nelle scuole "
Vorremmo che il laboratorio possa rappresentare per tutti i partecipanti un’occasione per presentare le proprie esperienze di educazione all’emergenza ed alla protezione civile.

A tale scopo ci sembra utile organizzare il Laboratorio con una doppia divisione interdipendente:
- per fasce tematiche (divise dal microrischio al macrorischio)

- per fascia di età (dalla prima infanzia all’età adulta)

Queste variabili sono significative nell’impostazione metodologica e tecnica delle attività.
Le due fasce tematiche sono interdipendenti nel senso che, ad esempio, l’apprendimento del comportamento corretto in caso di incendio con gli adolescenti presuppone una metodologia educativa diversa rispetto a quella da realizzare con i bambini della scuola elementare. Non vorremmo che il titolo del laboratorio escludesse le attività educative che possono essere realizzate con gli adulti all’interno, ad esempio, dei percorsi di formazione aziendale o della scuola per gli adulti (EDA) e quindi vorremmo comunicare la nostra disponibilità ad affrontare anche questo specifico target della prevenzione.

Su ognuna di questi sotto-argomenti ogni partecipante può presentare una sua esperienza (15 minuti) oppure presentare altri argomenti di proprio interesse.
Se avete creato materiali didattici, schede, strumenti per la preparazione all’emergenza questa è l’occasione giusta per presentarli.
Vi preghiamo di segnalarci in tempo (all’indirizzo e-mail: dbiondo@hotmail.com) la vostra intenzione di presentare una vostra esperienza in modo da poter preparare in tempo il programma dei lavori del laboratorio.

Noi pensiamo di organizzare per ognuno dei diversi target e per le diverse fasce tematiche schede di lavoro di gruppo. Tali momenti di lavoro comune da noi animati saranno realizzati con la stessa modalità organizzativa di un intervento a scuola, dove il gruppo rappresenta l’unità di lavoro dell’esperienza didattica. Pensiamo che il gruppo rappresenti il vero strumento mentale per affrontare l’emergenza, pur non dimenticando che la sopravvivenza sia anche una competenza individuale. Ma pensiamo che occorra costruire la competenza sociale della sopravvivenza collettiva per prepararsi efficacemente all’emergenza. Quindi contiamo di proporre ai partecipanti un’esperienza centrata sul gruppo e sulle metodologie di educazione attiva. Contiamo di presentare ai partecipanti anche gli strumenti didattici da noi prodotti: schede didattiche e pubblicazioni (dal CD “prepararsi all’emergenza”, ai diversi libri, consultare a tal proposito il sito http://www.centrorampi.it) al fine di offrire loro un modello completo di intervento dello psicologo dell’emergenza interessato a fare prevenzione.
Le pubblicazioni potrebbero essere richieste a noi (dbiondo@hotmail.com) in modo che possiamo farle avere al campo.
FATEVI VIVI!!

Un saluto, Daniele Biondo e Rita Di Iorio

Laboratorio 9: "Ruoli psicologici dei simulatori nelle esercitazioni di P.C. e psicologia del simulatore"

Responsabile: Esperto Nazionale Croce Rossa Italiana

In questo LABORATORIO avremo la fortuna di lavorare con due dei massimi esperti nazionali della CRI in ambito di simulazione e trucco: Glauco PITTIONI (Cevedale) e Giuseppe GIORDANA (Cuneo).
Segnalo da internet il Manuale curato dalla CRI, Volontari del Soccorso e Pionieri della Provincia di Udine dal titolo: “Nozioni Pratiche per realizzare simulazioni di emergenza, edito da Croce Rossa Italiana” scaricabile da internet in: http://www.volontaricriudine.it/manuali/

La CRI ha pubblicato anche un Regolamento Nazionale Truccatori e Simulatori che si può scaricare da http://www.cri.it/componenti/volontari/arch-docu/Reg-Nazionale-T-S.pdf

Ed ecco una breve STORIA dei truccatori e simulatori:
http://spazioinwind.libero.it/cribagnoaripoli/html/storiatrusim.htm

“Da notizie raccolte, l'esercito Britannico, nell'ultima guerra mondiale (1939 - 1944) usò attori di professione truccandoli e facendo loro interpretare vari casi di incidente.
Lo scopo fu quello di sottoporre il personale sanitario alla visione di ogni sorta di ferite e traumi che si potevano verificare in situazioni particolari come incidenti, infortuni di vario genere, conflitti armati, ecc. in modo da acquisire freddezza e coraggio, indispensabili in momenti di emergenza.
In Gran Bretagna, Danimarca e Svizzera nel 1944, in Francia nel 1950 e Svezia nel 1953, furono divulgati i primi fondamenti e creati i primi espedienti per rendere, con la loro applicazione, più veritiera e possibile la situazione che si voleva creare.
In Germania, fino al 1950, furono prodotte schede che rappresentavano i vari tipi di ferita. successivamente, nel 1951, furono create, con materiale gommoso, ferite, traumi o lesioni da applicare alle persone che venivano di volta in volta impiegate nelle diverse simulazioni.
Questo tipo di materiale presentava però alcuni problemi, in quanto doveva venire fissato al corpo del simulatore con elastici, cerotti o altro materiale adesivo. Inoltre, pur avendo una rassomiglianza notevole con la ferita, si poteva notare a distanza l'applicazione di corpi estranei sul simulatore e spesso il risultato finale non era quello voluto.
Nel 1954, distribuiti dalla Croce Rossa giovanile tedesca apparvero i primi "fogli per la rappresentazione realistica di un incidente" trasformati poi, dal 1955, in opuscoli che furono distribuiti sul territorio in diverse edizioni.
Sulla base della negativa esperienza avuta con l'uso di modelli di ferita prodotti in materiale gommoso, nel 1964 fu prodotta la prima cassettina per trucchi "Mehlem 64" che dal 1984 viene usata con grandissimo successo dalla Croce rossa Tedesca. Sono state anche preparate dispense da utilizzare come materiale didattico nei diversi gradi di istruzione.
In Italia il Gruppo Truccatori ha avuto i suoi Natali nel 1983 nel Friuli Venezia Giulia quando si svolse il 1° corso per Truccatori tenuto da Istruttori della Croce Rossa Tedesca.
Il Piemonte è stata la prima Regione a dare un'organizzazione ben definita al gruppo dei truccatori, provvedendo a censirli e documentandone singolarmente l'attività svolta; vengono nominati Delegati Tecnici ai vari livelli, dai locali, ai provinciali al regionale.
Nel Marzo '97 si svolse a Roma, con la partecipazione di due docenti attestati della Croce Rossa Tedesca, il primo Corso Nazionale per Istruttori di Trucco.
A Roma l'Ispettorato Nazionale ritenne che tale gruppo necessitava di un responsabile nazionale, così nello stesso anno il V.d.S. Giuseppe Giordana, già Delegato Tecnico Regionale del Piemonte, venne nominato: Delegato Tecnico Nazionale per i Truccatori e i Simulatori.
Da quel momento in poi fu tutto un susseguirsi di attività.
Nell'ottobre del 1998 venne organizzato il 2° Corso Istruttori di Trucco e contemporaneamente il 1° Corso Nazionale per Formatori Istruttori di Trucco, presso il Comitato Locale di Borgo S. Dalmazzo (CN).
Sempre in questo anno, presso il Comitato Provinciale di Udine, nascono i primi simulatori professionisti attestati.

Il 1 gennaio 2001 è ufficialmente entrato in vigore il Regolamento Nazionale Truccatori e Simulatori.
Molti Truccatori, Simulatori e Istruttori hanno lavorato in manifestazioni a livello nazionale ed europeo: gare di Primo Soccorso, di esercitazioni in vari Regioni e svariate attività per aziende od Enti extra Croce Rossa; di particolare interesse le collaborazioni con il C.P.E. Consorzio Piemonte Emergenza, con alcune A.S.L. e A.N.P.A.S. del Piemonte e della Lombardia, con l'A.S.L. 7 della Toscana, con Siena Emergenza e la Misericordia, con la Base NATO di Vicenza e l'American Red Cross.
Il Gruppo ha inoltre contribuito alla realizzazione di trucchi cinematografici in alcuni films e trasmissioni televisive.
L'attività del Gruppo è sempre in continua espansione”

Segnalo infine l’articolo di Rosana Bullian in: http://www.psicologiperipopolifvg.it/articoli.php

( Luigi Ranzato )

Laboratorio 8: "La formazione degli psicologi dell'emergenza"

Avviato e rinviato ad altra data con gli addetti delle Università e delle Associazioni.

Laboratorio 7: "Il triage sanitario e il triage psicosociale"

Responsabili: Michele Cusano e Alessandro Brunialti

(Alcune riflessioni di Luigi Ranzato)

A) Triage Sanitario:

Il termine sanitario Triage, dal francese trier che significa scegliere, non nacque in origine per gestire il sovraffollamento dei Pronto Soccorsi, semmai è avvenuto successivamente, ed è in realtà, come lo conosciamo noi oggi, un’evoluzione del soccorso extraospedaliero. Questo, a sua volta, nasce dalla sanità militare …”
Questa interessante notazione sulla storia del Triage la potete leggere nel sito del Gruppo Formazione Triage (http://www.triage.it/index00.htm), accanto ad altre informazioni sulla definizione, metodologia, codici di priorità, parametri vitali, tipi di triage, scheda di triage, materiali utili.
Sulla storia che colloca la nascita del triage sullo scenario dell’emergenza dopo le battaglie, potete consultare anche http://www.sanmatteo.org/med-news/mag2000.htm#editoriale
Linee guida per una corretta realizzazione del triage infermieristico si possono leggere anche in http://www.eurom.it/medicina/e/e14_3_33.html.

Il Triage Infermieristico viene svolto in base a criteri pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 7 dicembre 2001, da un infermiere professionale, adeguatamente formato.
McGraw-Hill ha pubblicato in seconda edizione nell’aprile 2005 “Triage infermieristico” (ISBN: 8838616450, Prezzo: Euro 33,00), a cura del Gruppo Formazione Triage.

La conoscenza del triage sanitario (alias triage infermieristico, di qui la specificità di “infermiere triagista IT”) da parte dello psicologo dell’emergenza rappresenta un prerequisito essenziale nella sua operatività per due fondamentali motivi:
A) per la collocazione dello psicologo dell’emergenza chè può anche essere prevista presso il Posto Medico Avanzato (PMA) come suggeriscono i Criteri di Massima proposti dal Dipartimento della Protezione Civile
(http://www.protezionecivile.it/cms/attach/editor/rischio_sanitario/Criteri_di_massima.pdf);
B) per la conoscenza delle reazioni psicologiche dei sopravissuti e degli stessi triagisti nell’operazione triage sanitario.

Nel Campo Scuola del 16-17 settembre 2006 avremo modo di verificare la validità di questi due motivi. Nel Laboratorio n. 7 sul Triage i colleghi saranno chiamati ad esercitarsi nella duplice veste di sopravissuti e triagisti con interessanti feedback emozionali.
Nell’esercitazione di domenica mattina sarà anche allestito un PMA su cui convergeranno i sopravissuti delle tre simulazioni previste (persone scomparse, incidente stradale, NBCR) dove accanto al personale sanitario opererà una squadra di psicologi

B) Triage psicosociale (continua…)

(a cura di Luigi Ranzato)

___

Riceviamo e pubblichiamo da MICHELE CUSANO, responsabile del Laboratorio:



Oltre al piacere di ringraziare gli organizzatori e salutare gli iscritti al Laboratorio n°7, voglio dare a tutti gli iscritti la notizia che i cosiddetti "Criteri di massima sugli interventi psicosociali da attuare nelle catastrofi" non sono più "solo" una proposta del Dipartimento di Protezione Civile che aveva avuto l'assenso della Conferenza Stato-Regioni, perchè, essendo stati pubblicati il 29/08/2006 in Gazzetta Ufficiale, oggi quegli accordi per la Categoria, per la Psicologia dell'Emergenza e per la collettività, sono molto di più, sono una vera e propria Norma che vincola le Regioni a dar luogo al Supporto Psicosociale nelle catastrofi, ed a farlo rispettando lo spirito, le finalità e l'impianto organizzativo delineato dai "Criteri di massima..." in tutta l'Italia.
Più ancora del piacere di poter dare questa notizia, è forte il piacere di precisare che il nostro laboratorio non sarà, quindi, "solo" un luogo di confronto e riflessione congiunta, di individuazione di finalità e metodologie, di esercitazione e costruzione di strumenti operativi ma sarà finalmente anche un momento di studio approfondito di come effettuare il Triage Psicologico e Psicosociale, tentando di rispettare pienamente le indicazioni dirette e indirette che i cosiddetti "Criteri di massima..." oggi Legge, ci danno.
In verità durante il Laboratorio vedremo anche il contributo diretto e indiretto che possiamo avere da altre fonti normative che ci riguardano.
E' evidente che tutto questo ci impone anche un grande ringraziamento a tutti quelli che nell'ambito del Dipartimento di Protezione Civile, presso gli Uffici Regionali per le emergenze e negli ambiti di Categoria attenti alla Psicologia dell'Emergenza, hanno operato per raggiungere questo importante risultato per la collettività e per la Categoria. Nei prossimi giorni sarà pronto anche il programma dettagliato delle fasi e dei contenuti dell'attività del laboratorio.

Un cordiale saluto,
Michele Cusano


________________________________


LABORATORIO N° 7
“IL TRIAGE SANITARIO E IL TRIAGE PSICOSOCIALE”

Programma relativo al Triage Psicosociale
Prof. Michele Cusano

Premessa
Il lavoro si svolgerà secondo la seguente modalità:
 breve introduzione dei singoli segmenti del programma da parte del conduttore,
 riflessione e confronto di gruppo,
 focalizzazione dei nuclei concettuali più significativi e raccolta delle
raccomandazioni di base sul triage psicosociale emerse dai lavori del laboratorio.

Programma
 il triage psicosociale,
 obiettivi del triage psicosociale,
 precauzioni ed atteggiamenti che devono caratterizzare l’ effettuazione del triage psicosociale,
 dove e quando attuare il triage psicosociale,
 destinatari del triage psicosociale:1) vittime dirette,2)vittime indirette, 3)tessuto sociale,
4) soccorritori,
 triage e monitoraggio dello stato psichico e psicosomatico del soccorritore,
 triage psicosociale con membri della popolazione generale,
 triage psicosociale con targhets di popolazione a più elevata vulnerabilità,
 il triage psicosociale delegato: 1)genitori, 2)insegnanti,ecc.,
 il triage psicosociale nei confronti dei soggetti “catalizzatori”,
 il supporto psicologico durante le operazioni di triage psicosociale,
 strumenti del triage psicosociale: 1)protocolli, 2)questionari, 3)materiale informativo,ecc.,
 il triage psicosociale lungo la catena dei soccorsi,
 individuazione e definizione delle classi di priorità nel triage psicosociale,
 il protocollo di triage proposto dai Criteri di massima....,
 qualità del triage.

Esercizi di role-playng, alternandosi nei ruoli di triagista, vittima, soccorritore,

Presentazione dell’elaborato costituito dalle raccomandazioni di base emerse dal laboratorio,

Integrazione di un team di triage psicosociale nell’esercitazione di Domenica 17 Settembre.

Laboratorio 6: "Il soccorso psicologico dopo un disastro aereo"

Responsabile: Rolando Incontrera et coll.

Il tema per il laboratorio: Il Supporto Psicologico dopo un Disastro Aereo è stato proposto da Psicologi per i Popoli Regione Friuli Venezia Giulia in quanto l’associazione ha dovuto affrontare concretamente tale aspetto, sia sotto il profilo teorico di letteratura, sia sotto quello pratico, allorché si trovò ad operare con l’associazione di volo leggero di protezione civile “Gruppo Amici del Volo” e soprattutto allorché fu inserita dalla Protezione Civile regionale nei piani esercitativi full scale dell’Aeroporto internazionale di Ronchi nel 2003 e 2004, e MANIFESTAZIONE AEREA “Frecce Tricolori, 45 anni di storia” Rivolto del Friuli, 3-4 settembre 2005, e 2006, e ciò ben prima della disposizione ministeriale del 16 aprile 2006:

Indicazioni per il coordinamento operativo di emergenze dovute a:
1. Incidenti ferroviari con convogli passeggeri - Esplosioni o crolli di strutture con coinvolgimento di persone - Incidenti stradali che coinvolgono un gran numero di
persone
2. Incidenti in mare che coinvolgono un gran numero di persone
3. Incidenti aerei
4. Incidenti con presenza di sostanze pericolose

Il tema oggetto del laboratorio è stato trattato da Psicologi Per i Popoli Regione Friuli Venezia Giulia a livello teorico e pratico nel corso di esercitazioni full scale quali: esercitazione presso l’Aeroporto Internazionale di Ronchi “Aquileia 2003 e “Aquileia 2004” e nell’ambito di corsi ad hoc per il personale della CRI svoltisi all’Isola della Cona (Go), Industria Sidermontaggi di Cargnacco,(UD), ecc..
In occasione dell’esercitazione Aquileia 2004 fu simulata per la prima volta una serie di patologie psichiche. Sia gli operatori di salute mentale, sia gli stessi simulatori parteciparono ad un apposito corso da noi elaborato al fine di evidenziare la sintomatologia ed il relativo fronteggiamento (coping).

La Società di gestione dello scalo di Ronchi dei Legionari a suo tempo mise in rete il seguente comunicato:


““Ronchi dei Legionari, 4 dicembre 2003.
Per non farsi trovare impreparata nelle situazioni di emergenza che potrebbero verificarsi in ambito aeroportuale, la Società di gestione dello scalo di Ronchi dei Legionari ha dato il via ad un'iniziativa formativa molto interessante vertente sugli "Aspetti psicologici nelle emergenze", tenuta dall'Associazione ONLUS "Psicologi per i Popoli Regione Friuli-Venezia Giulia".
L'iniziativa, che rientra nell'ambito del più vasto programma di esercitazioni periodiche previste sull'aeroporto regionale, si propone di fornire a tutti gli operatori coinvolti nella simulazione di emergenza le conoscenze necessarie per affrontare le problematiche di carattere psicologico in situazioni di emergenza e post-emergenza, a motivo di calamità, disastri, incidenti, ecc., con particolare riferimento all'ambito aeroportuale, sviluppandone, al contempo, la consapevolezza necessaria alla tutela del loro equilibrio psicologico.
Integrare la propria preparazione con conoscenze psicologiche è diventata, infatti, una necessità del personale non solo dello scalo, ma anche delle forze pubbliche, dei soccorritori e dei sanitari che operano in ambito aeroportuale, i quali devono essere in grado di agire concretamente e tempestivamente nelle situazioni di emergenza, affinando tecniche e procedure di soccorso sempre più efficaci per evitare stress e sindrome da burnout nel soccorritore.
Preparare questi operatori ed affrontare simili evenienze -evitando la riduzione delle capacità personali creata dalla tensione emozionale prodotta dalla situazione di emergenza è un’ operazione molto complessa. Per questo la formazione è stata affidata a dei riconosciuti professionisti operanti su base volontaria nell'Associazione "Psicologi per i Popoli - Regione Friuli - Venezia Giulia", un'organizzazione inquadrata all'interno della Protezione Civile Regionale, in grado di garantire competenze professionali tra loro molto diverse, fra cui quelle mediche, psichiatriche, psicologiche socio-sanitarie-educative, di facilitazione linguistica e mediazione culturale.

Le lezioni iniziate in novembre, ospitate nella Sala conferenze dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, avranno termine domani, venerdì 5 dicembre, in coincidenza dell'esercitazione annuale full-scale "AQUILEIA 2003”:una prova che costituisce un'importante momento di verifica della capacità di coordinamento di tutte le forze chiamate in causa durante una vera emergenza (Vigili del Fuoco, Croce Rossa, Polizia, Guardia di Finanza, Comando dei Carabinieri, Prefettura, Protezione Civile, Associazione Nazionale Carabinieri in Congedo, altre associazioni di Protezione Civile e le squadre di Protezione Civile di Ronchi, Monfalcone, Muggia, Monrupino ecc., ed altri Enti preposti alla salvaguardia di cose e persone) e che consentirà a tutti gli operatori di sperimentare sul campo quanto appreso durante la formazione.""

In seguito anche la stessa società di gestione dell’aeroporto Marco Polo di Venezia SAVE ci reclutò fu realizzata una prima tranche
In particolare relativamente alle esercitazioni full scale va segnalata in esse la presenza di “simulatori” di vittime, non solo per gli aspetti fisici (presenza quasi costante in esercitazioni molto realistiche) ma anche per gli aspetti psichiatrici e psicologici, aspetto questo molto raro per le difficoltà e diverse abilità che ciò comporta.

La loro abilità nel simulare i vari sintomi connotanti quadri nosografici molto verosimili ha consentito agli operatori (sia quelli afferenti alla linea sanitaria – psicologi, psicoterapeuti, personale sanitario- che quelli della linea ausiliaria di assistenza) oltre che di verificare l’impatto emozionale che comporta sempre -anche negli operatori di soccorso,ancorché operatori di salute mentale provetti – il soccorrere le vittime di un disastro, anche di valutare le proprie capacità di fronteggiamento della situazione - coping - mediante l’impiego di appropriate metodiche.

Il laboratorio, quindi, lo vediamo anzitutto come luogo di scambio delle proprie esperienze sul campo.
Proponiamo tuttavia un’ipotesi iniziale di traccia di lavoro che peraltro rispecchia il percorso teorico esperienziale da noi fatto e rispondente alle esigenze operative ambientali dei teatri in cui andavamo ad operare”.
In effetti il nostro intervento in emergenza non è concepito come avulso da tutto un percorso di prevenzione primaria.

TRACCIA
1. Inquadramento della tematica alla luce della normativa di riferimento
2. Principali tipologie di evento
3. Ipotizzazione a carico dei partecipanti dei possibili scenari operativi per l’intervento di soccorso psicologico
4. Progettazione delle relative modalità operative dell’intervento di supporto psicologico
5. Descrizione dei progetti e microsimulazione
6. Discussione


Bibliografia

1. Anastasio Paola & Rolando Incontrera, Apporto alla Psicologia dell’Emergenza - supporto didattico al corso per Operatori della C.R.I. Volontari del Soccorso - Ispettorato Provinciale di Udine giugno/luglio 2002 - www.psicologiperipopolifvg.it
2. Buligan E. “La formazione del soccorritore: ruolo del simulatore nelle esercitazioni”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
3. Carbonera F. “La relazione d’aiuto e la comunicazione”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
4. Cecchinato H. , Scalpellini E., Viscovich M. “La comunicazione in emergenza”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
5. Corona L., Tesi di laurea, , La Formazione in Psicologia dell’Emergenza, 2002, reperibile nel sito del Corriere della Sera http://www.tesionline.it/default
6. Corona L. “Reazioni individuali e collettive ad un disastro”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005.
7. Daris D. “Reazioni emozionali nei soccorritori”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
8. Incontrera R., Apporto della Kinesiologia Applicata nella Psicologia dell’Emergenza, Atti del IV modulo “Tecniche di intervento nell’emergenza” del Master in Psicologia dell’Emergenza, S.I.P.Em. Roma Novembre 2000.
9. Incontrera R., Il Soccorso Psicologico nella Protezione Civile. Lettura emozionale di un disastro, atti del convegno “ La psicologia nelle emergenze. Aspetti attuativi” Ordine degli Psicologi FVG, www.psicologi.fvg.it , Monfalcone, 17 gennaio 2003
10. Incontrera R., La formazione del personale nel campo della psicologia delle catastrofi come strumento di autoprotezione e di soccorso. 15-16 novembre. 2003, Atti del 1°International Congress On Disaster Management and Disaster Medicine, Bolzano
11. Incontrera R. Psicologia dell’emergenza: l’associazione Psicologi per i Popoli Regione Friuli-Venezia Giulia, Gli Psicologi del Friuli-Venezia Giulia. Giornale dell’Ordine degli Psicologi del Friuli-venezia Giulia 2004
12. Incontrera R., “La formazione e preparazione del personale nell’ambito del soccorso psicologico in caso di incidenti aeroportuali”. Atti del 2°International Congress On Disaster Management and Disaster Medicine, Bolzano 2004
13. Incontrera R., “Esposizione e commento della C.M. del Dipartimento della Protezione Civile e D.M.13-02- 2001 sugli aspetti psicologici nelle Emergenze Sanitarie”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
14. Incontrera R.,”Cosa saper fare per lo stress della popolazione e del soccorritore”. Atti dello Stage per Pediatri sulle Grandi Emergenze”. Fogliano di Redipuglia (GO), 16-18 settembre 2005.
15. Livia V. “Il triage medico-psichiatrico-psicologico” Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
16. Persoglia A. Dir. Op. Aeroporto FVG di Ronchi, Rocchetto F. responsabile Dir. Gest. Aeroporto “Marco Polo” di Tessera (Ve) “La formazione degli operatori aeroportuali sugli aspetti psicologici dell’emergenza”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 200
17. Piccini C. “Gruppi vulnerabili. Le reazioni emotive nei bambini e negli anzian”i Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
18. Pribaz A. “Le patologie del soccorritore”. Atti del Convegno Regionale LA PSICOLOGIA DELL’EMERGENZA:ASPETTI ATTUATIVI E PROSPETTIVE NEL FRIULI VENEZIA GIULIA -Muggia 16 aprile 2005
19. Sgarro M, Post Traumatic Stress Disorder, Edizioni Kappa, Roma, 1997

Altre relazioni in http://www.psicologiperipopolifvg.it

Rolando Incontrera

Laboratorio 5: "Il debriefing psicologico"

Responsabili: Isabella De Giorgi, Raffaella Paladini, Luca Pezzullo, Daniela Ferrini

LA PROBLEMATIZZAZIONE DEL DEBRIEFING

Il tema del Debriefing psicologico, o Critical Incident Stress Debriefing (CISD), ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del settore della psicologia dell'emergenza, soprattutto in ambito anglosassone.

A partire dall'originale proposta di Mitchell (1983), il CISD si è enormemente diffuso in tutto il mondo, tanto da essere a volte "confuso" con l'intera "pratica" della psicologia dell'emergenza, superando in popolarità la stessa matrice di intervento (il CISM, Critical Incident Stress Management) di cui in teoria sarebbe solo una piccola parte.
Questa riduzione indebita è però un errore concettuale, una "metonimina impropria", che in alcuni casi ha eccessivamente semplificato ed "appiattito" la "teoria della clinica" della psicologia dell'emergenza e dello psychological first aid.

Questa esigenza di ricondurre il CISD (che spesso ha portato con sè attese a tratti "miracolistiche", che si stanno rivelando infondate nelle più recenti review e meta-analisi presenti in letteratura) ad una sua più corretta ed adeguata applicazione è stata colta soprattutto in ambito europeo, da autori francesi e scandinavi (Lebigot, Leclercq, Dyregrov,...).
Tali scuole di pensiero hanno proposto di ridurre l'eccessiva enfasi posta sul meticoloso rispetto della procedura orginale (ritenuta troppo rigida e vincolante), e ne hanno invece enfatizzato le dimensioni psicologiche "processuali" e gruppali.
In pratica, si sottolinea l'importanza per lo psicologo di occuparsi molto più dei processi psicologici coinvolti nel lavoro di gruppo, che della rigida applicazione delle procedure tecniche formalmente previste.
Tale nuova "consapevolezza" nell'implementazione dei Debriefing sta iniziando a diffondersi sempre di più in ambito internazionale, e potrebbe permettere il superamento di alcuni dei "limiti" ormai riconosciuti della procedura "classica".

Il dibattito sull'utilità e l'efficacia del Debriefing, con tutta la delicatezza e complessità che l'accompagna proprio per il suo statuto "di fondamento identitario" di molta pratica della psicologia dell'emergenza, è attualmente assai vivace.
Si segnalano alcune risorse di approfondimento:

Early Intervention and CISD Fact Sheet - NCPTSD/VA
Un'introduzione generale in prospettiva anglosassone, con ampi riferimenti alla struttura del CISD ed a studi di efficacia.

Le débriefing psychologique est-il dangereux ?
Un articolo di Erik De Soir, sul prestigioso Journal International De Victimologie, in cui viene analizzata la letteratura critica sul Debriefing.

"CISD, Psychological Debriefing & Group Help after Critical Incidents"
La classica, ampia ed aggiornatissima "reference list" sul CISD delle Trauma Pages di Baldwin, redatta da Atle Dyregrov. Si tratta della più prestigiosa e valida "overview" delle risorse scientifiche di settore.


A livello di testi, volumi ed articoli scientifici, si segnalano in particolare i seguenti classici, che hanno segnato alcuni dei punti fondamentali nell'evoluzione teorica della ricerca sul Debriefing:



Deahl, M. (2000). Psychological debriefing: controversy and challenge. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 34, 929-939.

Dyregrov, A. (1997). The process in critical incident stress debriefings. Journal of Traumatic Stress, 10, 589-605.

Everly G. S. Jr., Flannery, R. B., Eyler, V. A. (2002). Critical Incident Stress Management (CISM): A statistical review of the literature. Psychiatric Quarterly, 73, 171-182.

Litz, B. T., Gray, M. J., Bryant, R. A., & Adler, A. B. (2002). Early intervention for trauma: current status and future directions. Clinical Psychology: Science and Practice, 9, 112-134.

McNally, R. J., Bryant, R. A., & Ehlers, A. (2003). Does early psychological intervention promote recovery from posttraumatic stress? Psychological Science in the Public Interest, 4, 45-79.

Mitchell, J. T. (1983). When disaster strikes.... The Critical Incident Stress Debriefing. Journal of Emergency Medical Services, 8, 36-39.

Mitchell, J. T. (1988). The history, status and future of critical incident stress debriefings. Journal of Emergency Medical Services, 13, 47-52.

Raphael, B. & Wilson, J. P. (2000) (Eds.). Psychological debriefing. Theory, practice and evidence. Cambridge: Cambridge University Press.

(a cura di L.Pezzullo)

_________________________

LABORATORIO 5 (IL DEBRIEFING PSICOLOGICO)

Qui di seguito il programma di massima già sottoposto via e-mail a tutti i
partecipanti al laboratorio ed in corso di implementazione:

ore 9.00 - 13.00 (con intervallo attorno alle ore 11):

a.. autopresentazione dei partecipanti;
b.. breve introduzione storico-teorica con riferimenti alle scuole principali ed
agli studi di efficacia in corso;
c.. relazioni preannunciate su esperienze dirette di debriefing psicologico in
contesti diversi di intervento ed all'interno di organizzazioni diverse (intorno
ai 15'-30' a seconda del numero finale delle relazioni);
d.. confronto e riflessioni sulle testimonianze dirette - e sulle ricerche in
corso di cui si è a conoscenza - per individuare punti critici e punti di forza
del debriefing psicologico a seconda del contesto e della modalità della sua
applicazione;
e.. prime annotazioni in vista della relazione finale

ore 15.00 - 18.00:

a.. parte pratica attraverso una simulazione: divisione del gruppo in due sottogruppi di 12 persone con osservatore esterno, con preventiva scelta condivisa della situazione da trattare sottoponendo almeno tre diverse tematiche e prevedendo l'opportunità di trattare attraverso i due sottogruppi vittime e soccorritori di una stessa emergenza;
b.. discussione di gruppo sulle simulate;
c.. dibattito conclusivo prendendo in considerazione anche le attuali posizioni a
livello internazionale sulla materia;
d.. stesura di una sintetica relazione finale con eventuali "raccomandazioni"

Cordiali saluti
Isabella De Giorgi

Laboratorio 4: "La progettazione dell'intervento psicosociale nelle emergenze internazionali"

Responsabile: Paolo Castelletti

LABORATORIO 4

LA PROGETTAZIONE DELL'INTERVENTO PSICOSOCIALE NELLE EMERGENZE INTERNAZIONALI
PROGRAMMA

Mattino:

INTRODUZIONE

Teoria e metodologia della progettazione psicosociale nelle emergenze
internazionali

(Paolo Castelletti)

CONTRIBUTO

Normativa europea in ambito di presentazione e finanziamento dei progetti
psicosociali".

Marialuisa Silvestrini, PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE

ESPERIENZE

Pratica della progettazione psicosociale nei contesti internazionali

I partecipanti con esperienza in programmi di assistenza umanitaria
esporranno sinteticamente un intervento da loro effettuato con riferimento
alle diverse fasi del PCM, interagendo con il gruppo.

Pomeriggio:

DIBATTITO

Significato e prospettive del progetto psicosociale nelle emergenze
internazionali

Sulla base di quanto emerso nel corso della mattinata i partecipanti daranno
vita a un focus group centrato sul progetto psicosociale nelle emergenze
internazionali, i suoi significati, le caratteristiche, le prospettive, le
possibilità operative per gli psicologi.

Al termine della giornata verranno elaborate raccomandazioni di buona
pratica nella progettazione psicosociale. Ai partecipanti saranno inoltre
lasciate, a titolo esemplificativo, schede del WHO sul Rapid Assessment of
Mental Health Needs (RAMH).

________________

Sarebbe un buon risultato se il laboratorio n. 4, alla fine, rappresentasse per chi vi avrà partecipato il compimento di un percorso attraverso le tematiche complesse dell'intervento psicosociale nelle emergenze internazionali.
Si cercherà di creare un rimbalzo fra teoria e pratica per mezzo di brevi relazioni, testimonianze, domande e magari anche un lavoro in piccoli gruppi. Ciò partendo da alcuni quesiti di fondo implicati dal titolo stesso del laboratorio.
Ve li indico:
- cosa si intende per intervento psicosociale ?
- in cosa consiste un progetto psicosociale ?
- cosa si intende per intervento psicosociale in una situazione di
emergenza ?
- cosa si intende per intervento psicosociale in una emergenza
internazionale ?
- perché si considerano così importanti negli interventi psicosociali in
ambito internazionale il concetto di progetto e la capacità di progettare ?

Se riusciremo ad avere idee più chiare almeno su questi quesiti di fondo,
che è comunque necessario porsi, potremo dire di aver speso bene il nostro
tempo.
Ci aiuteranno a procedere alcune fonti indispensabili di cui per ora
ve ne segnalo tre:

- L'ultima edizione del Manuale sul Project Cycle Management di ECHO, che si
può scaricare in pdf dal sito di ECHO http://ec.europa.eu/echo/index_en.htm

- I documenti di lavoro predisposti dallo Psychosocial Working Group che da
anni si occupa della concettualizzazione dell'intervento psicosociale nelle
emergenze. Si trovano al sito http://www.forcedmigration.org/psychosocial

- Un manuale edito dalla WHO sulla valutazione dei bisogni in salute mentale
nelle emergenze complesse, al sito http://www.who.int/hac/techguidance/pht/7405.pdf

Un cordiale arrivederci
Paolo Castelletti

Laboratorio 3: "L'annuncio di cattive notizie e l'accompagnamento nel riconoscimento delle salme"

Responsabile: Fabio Sbattella et coll.

Laboratorio 2: "La formazione dei soccorritori e la selezione dei volontari"

Responsabili: Giampaolo Libardi, Delfo Bonenti

LABORATORIO n.2 - NOTE ORGANIZZATIVE (a cura di G.Libardi)

Vincoli di tempo:
Il laboratorio ha una durata complessiva di 7 ore e 30 min. comprese le pause intermedie di circa 20 min. ciascuna.
La chiusura dei lavori al mattino è legata alla necessità della mensa (alle 13 è necessario interrompere) e all’arrivo delle autorità invitate (alle 18 i lavori devono essere conclusi).
Qualunque sia il lavoro svolto è indispensabile che l’ultima mezz’ora della mattinata e l’ultima mezz’ora del pomeriggio siano riservate alla socializzazione di quanto prodotto.
Sarà utile prevedere circa 30 minuti all’inizio della giornata di lavoro per la presentazione dei partecipanti (si stimano almeno 20 persone presenti) e del come verrà strutturata la giornata.
Nota finale:
l’effettivo spazio per trattare i diversi contenuti è limitato a 5 ore e 20 minuti che – tenendo conto delle alte probabilità con cui si possono verificare imprevisti – possiamo ridurre a 5 ore.

Temi:
Il laboratorio prevede riflessioni su due temi distinti, ma strettamente collegati l’uno all’altro e di uguale importanza:
-Il primo è di carattere generale e riguarda la formazione dei soccorritori siano essi professionisti o volontari, con anni di esperienza o new entry nelle organizzazioni di appartenenza (resp. Giampaolo Libardi)
-Il secondo è di carattere più specifico e riguarda la selezione di una particolare area di soccorritori costituita dai soli volontari. (resp. Delfo Ponenti)
Nota finale:
Ad entrambi i temi verrà riservato un identico spazio.

Gli esiti attesi dai lavori:
La parola “formazione” si presta a molteplici interpretazioni e suscita atteggiamenti e risposte diverse a seconda dei contesti in cui viene collocata e degli interlocutori a cui si rivolge. D’altra parte il mondo dei soccorritori è estremamente vario e complesso. Sarebbe interessante riuscire nel corso del laboratorio sul tema “la formazione dei soccorritori” a delineare:

1) Chi sono i soccorritori e attraverso quali criteri possiamo raggrupparli in categorie;
2) Cosa vogliamo intendere con la parola formazione quando la riferiamo a questo tipo di “lavoratori del sociale in situazione di emergenza”;
3) Quali specificità dobbiamo considerare per svolgere un ruolo attivo ed efficace all’interno delle varie categorie di soccoritori

Nei vari contesti di intervento in situazione di calamità/disastri, naturali o provocati dall’uomo si richiedono ai soccorritori delle caratteristiche o qualità personali specifiche. Ci si attende come esito dal laboratorio sul tema “la selezione dei volontari” delle indicazioni su:

1) caratteristiche distintive del volontario che vuole svolgere l’azione di soccorritore e breve descrizione delle stesse;
2) peso relativo delle caratteristiche individuate al fine di una valutazione del candidato;
3) raggruppamento delle caratteristiche individuate distinguendo quelle che devono essere possedute, da quelle che possono essere migliorate;
4) suggerimenti per la messa a punto di strumenti o protocolli per l’identificazione e la valutazione delle caratteristiche individuate;
5) suggerimenti sulle modalità con cui facilitare al volontario l’acquisizione delle caratteristiche individuate come suscettibili di miglioramento.

Proposte da rilanciare
Le ipotesi di rilancio si collocano su due direttrici distinte:
a) da un lato, si considera utile che gli esisti dei lavori siano confrontati con Responsabili nazionali e locali della Protezione Civile per individuare degli spazi all’interno dei piani formativi attivati che sappiano considerare la preparazione tecnica del soccorritore, ma anche la sua dimensione psicologica
b) dall’altro, si considera utile che all’interno del mondo accademico si approfondiscano riflessioni e scambi che considerino quanto emerso e ricerchino strumenti di selezione e valutazione dei volontari.


A proposito di formazione
(a cura di M.T.Fenoglio)


E’ indubbio che la domanda di psicologia che in questi anni è arrivata a Psicologi per i Popoli dalla protezione Civile e altre organizzazioni di volontariato è stata in prima istanza domanda di formazione.

Da una analisi per ora non sistematica delle domande pervenuteci, risulta che essa in parte discende dalla consapevolezza di non aver fino ad oggi affrontato adeguatamente il tema delle reazioni psicologiche di vittime e soccorritori in emergenza; in parte però appare il frutto di un desiderio di avvicinarsi a una tematica coinvolgente e scottante garantendosi la dovuta “distanza di sicurezza”.
Questa distanza, che può certamente sottintendere una specifica resistenza, va tuttavia a mio avviso considerata come un segnale importante di ciò che l’emergenza rappresenta per i soggetti che ci contattano, sul piano sia emotivo che culturale.
La richiesta della distanza va presa perciò molto sul serio, rispettata nella sua sostanza, e sviluppata in un avvicinamento graduale atto a favorire una reciproca conoscenza e fiducia. La domanda di corsi di formazione, quindi, va a mio avviso accolta ma non enfatizzata come esperienza di “docenza di aula”. Credo invece utile cogliere queste occasioni per porre ascolto a ciò che i partecipanti vogliono esprimere, senza fretta di sovrapporre ai contenuti che i partecipanti propongono schematizzazioni di varia natura.

Credo sia importante muoverci in equilibrio tra gli opposti pericoli del troppo silenzio, che può venir letto come atteggiamento profetico detentore di potere, e del troppo “parlato”, che rischia di saturare e ingessare l’incontro fornendo “risposte” preconfezionate.

Del resto la “teoria della formazione” poggia sugli assunti bioniani di “formazione a pensare”: il lavoro formativo consente ai partecipanti di “tenere un discorso” sulle proprie esperienze, grazie a questo distanziarsene aprendosi alla possibilità di “immaginarsi diversi”. Si tratta quindi di un processo che, anche se si può avvalere di lezioni frontali, non si identifica con queste, né con una generica “trasmissione attiva” di contenuti.

Nel corso della mia attività professionale come formatrice ho tuttavia constatato come la situazione di “aula”, con i suoi tempi concentrati, l’enfasi sulla parola, la dinamica del gruppo, ecc. non sempre è ben tollerata dai partecipanti, dai quali viene avanzata prima di tutto una domanda di conferma e sostegno alle proprie scelte, più che di “cambiamento” a fronte di vere e proprie difficoltà conclamate. Sarebbe tuttavia riduttivo ricondurre questo tipo di domanda alla semplice richiesta di approvazione narcisistica: ciò che sembra motivare molte persone a partecipare a un corso di formazione sembra piuttosto il desiderio di tradurre a un terzo, di raccontare all’interno di uno spazio dedicato una esperienza che non ha ancora trovato una occasione per dirsi.
La formazione può utilmente essere impostata, perciò, come ricerca, nella quale lo psicologo assume il ruolo di raccoglitore di storie e “curatore editoriale” dei contenuti proposti. Sarà poi la rilettura di questi a offrire l’opportunità di distanziarsene, cogliendoli prospetticamente.

Lo psicologo ricercatore, eventualmente coadiuvato da collaboratori giovani e motivati, preparati all’uopo ma non troppo professionalizzati, curerà allora, presso organizzazioni, associazioni o gruppi, una raccolta di “interviste” che legheranno le tematiche da indagare alle vicende biografiche e al sentire dei singoli.
Il metodo della ricerca (più esattamente della “ricerca intervento”) è stato da me applicato, nello spazio di più di un decennio, in diversi contesti: quartieri cittadini o piccoli comuni; due comunità terapeutiche; una associazione di disabili; alcune associazioni di volontariato; un gruppo di disoccupati facenti capo al sindacato; un gruppo di donne in ricollocazione lavorativa; un gruppo di donne straniere dedite al lavoro di cura; un gruppo di mediatori culturali; una ONG.

Ho dato a questa metodologia il nome di “ricerca-intervento a vertice formativo”. Essa si distingue, infatti, dalla ricerca tradazionale in quanto centrata sullo spazio dato alla possibilità di pensiero favorita dalla creazione narrativa.
Lo strumento utilizzato, il colloquio biografico, è concepito come strumento psicologico e clinico: attento cioè alla dinamica relazionale tra intervistatore e intervistato; al setting; all’atteggiamento esente da giudizio; alla regolazione dagli assunti della continua scoperta dell' alterità/reciprocità; al transfert; alla “restituzione” in itinere e finale (riformulazione, feed back) dei contenuti proposti la quale, evitando le interpretazioni (si tratta di un “semplice” riassunto), è tesa a sostenere il senso complessivo del materiale proposto.

Il colloquio così impostato consente agli intervistati di vivere una esperienza di “ascolto” totale, impossibile in situazioni quotidiane in cui la narrazione è inquinata dalla “conversazione”, le rappresentazioni preconcette, le resistenze dell’interlocutore ad essere avvicinati da contenuti scomodi.

Ruolo fondamentale di questa metodologia formativa è inoltre la restituzione di gruppo, in cui i formatori presentano alla organizzazione o ai gruppi coinvolti le “voci” che si sono espresse, eventualmente organizzzate in modo tematico.
Il processo formativo, la “formazione a pensare”, non sono tuttavia mai immediati, né esenti da contraddizioni. Più di una volta la dichiarazione di un cambiamento di prospettiva e decisioni prese in conformità con una nuova consapevolezza ci è giunta a distanza di anni. Ciò che tuttavia viene colto sempre dai partecipanti è l’effetto distanziamento favorito dalle voci che si sviluppano attorno a uno stesso oggetto; la debanalizzazione di ciò che sembra ovvio; il piacere di comporre una narrazione che conserva le specificità pur costituendo una corale; la soddisfazione di essere protagonisti e di comporre, insieme ad altri, una particolare “epica” degli eventi.

Lo strumento: la narrazione


Il concetto di narrazione rientra nell'idea bruneriana di "psicologia popolare". Gli "psicologi popolari", vale a dire chiunque partecipi di una certa cultura, organizza narrativamente la propria esperienza, strutturandola in conformità con i significati ad essa attribuiti. La narrazione, quindi, si sviluppa in quanto dialettica tra "stati del mondo percepiti e propri desideri, che si influenzano a vicenda" (Bruner,1992).
“L'esigenza narrativa, d'altra parte, nasce da una motivazione psicologica prima che estetica: la ricerca di un significato per comprendere la realtà e sottrarsi così alla ansiogena dimensione dell'ignoto.

La raccolta delle narrazioni attraverso il colloquio promuove inoltre la valorizzazione dell'esperienza del singolo in un processo di salvataggio dal sentimento della perdita del senso di sé in relazione agli altri, ma anche del significato della propria identità. La società post-moderna, o globalizzata, offre scarse occasioni per la condivisione delle narrazioni personali e collettive. Eppure, più esse vengono esplicitate, condivise, contrattate, più sono ricchi da un lato la vita sociale, dall'altro il proprio "teatro personale", vale a dire il senso di esserci, il proprio valore come persona”. (Cuniberti P., Fenoglio, Occhionero G., 2001)

Alcune osservazioni in coda


Si è da qualche tempo diffusa anche in Europa una corrente chiamata “Narrative Therapy”, che si propone di essere di utilità alle vittime di un trauma.
Perchè si possa realizzare una condizione di autentica “formatività”, è tuttavia indispensabile che lo psicologo funga davvero da “terzo” nella relazione tra le parti in gioco, per favorire l’interrogazione, l’incertezza, il confronto e, attraverso questi, la nascita del pensiero
Da quanto ho appena illustrato inviterei quindia coloro che fossero interessati alle teorie narrative e alla loro applicazione ad usare molta cautela. Raccontare non è necessariamente teraputico, e il colloquio biografico richiede piena consapevolezza degli strumenti clinici impiegati….
Naturalmente il dibattito, specie se sulla base di esperienze, è opportuno e gradito.

Maria Teresa Fenoglio
Psicologi per i Popoli-Torino


Bibliografia

Bion W.R.(1961), trad.it Esperienze nei gruppi, Armando, Roma 1971
Bion W.R.(1963), trad.it. Apprendere dall’esperienza, Armando, Roma 1972
Bruner J.(1991), trad.it. La ricerca del significato, Bollati Borighieri, Torino 1992
Capello C. (2001), Il sé e l’altro nella scrittura autobiografica, Bollati Boringhieri, Torino 2001
Carli R., Trasformazione e cambiamento, (1976)in “Archivio di Psicologia, Psichiatria e Neurologia”, 1-2,
Carli R., Paniccia R.M., La cultura locale come organizzatore delle relazioni, sito internet spsonline.it/introCultura.htm#culturalocale
Cuniberti P., Fenoglio, Occhionero G, (2001) Psicologia clinica nella comunità: l’ esperienza di inserimento di un gruppo appartamento per pazienti psichiatrici in un quartiere cittadino, Asti
Fenoglio M.T., Franceschetti G.C. (1996), Albre, storie nate o cresciute sulle rive della Stura, Il Segnalibro, Torino
Fenoglio M.T., Franceschetti G.C., Giannini B., Olivero M (1998)., Tra le anse del grande fiume, voci e luoghi di La Loggia, Il Segnalibro, Torino
Fenoglio M.T., Identità nelle periferie: un contributo psicologico, in: “Appunti di politica territoriale”, Celid,Torino 2000
Kaneklin C., Scaratti G (1998), Formazione e narrazione, Cortina, Milano
Lorenzetti,(1992)La dimensione estetica dell'esperienza, Il Mulino, Bologna
Martini G.(1998), Ermeneutica e narrazione, Bollati Boringhieri, Torino
Ricoeur P.(1965), trad.it. Della interpretazione. Saggio su Freud, Il Saggiatore, Milano 1967
Ricoeur P,(1988) La componente narrativa della psicoanalisi, Metaxù, vol.5

Laboratorio 1: "L'intervento psicologico con i bambini nei disastri"

Responsabile: Ester Chicco

L’ambito di riflessione assegnato al nostro gruppo è estremamente vasto.
• Possiamo incontrare infatti emergenze dovute a catastrofi naturali od ambientali (terremoti, alluvioni, carestie, incidenti ecologici), a conflitti in corso o terminati, a situazione di attacchi terroristici, di sradicamento o di esclusione (i bambini di strada)…
• L’intervento psicologico può riferirsi ad una fase di prevenzione (la previsione e la comunicazione del rischio), può essere una risposta immediata all’emergenza, può riferirsi invece alla rilevazione e terapia di eventuali individui a rischio psicologico a causa dell’esperienza traumatica o ancora all’aiuto alla ricostruzione per una comunità traumatizzata (e di cui i bambini fanno ovviamente parte)
• E’ varia l’età della popolazione a cui ci rivolgiamo, le reazioni e le risposte di un adolescente sono certamente diverse da quelle di un neonato o di un bambino che non parla ancora
• E’ infine aperta la discussione su che cosa sia uno stato di PTSD per un bambino, in particolare per un bambino piccolo, su quali possano esserne i riflessi su di una personalità in formazione, ed ovviamente, su quali tipi di intervento siano più opportuni nelle diverse fasce di età e nelle diverse situazioni.

Vorrei indicare alcuni spunti di riflessione che potremmo approfondire nel corso della giornata:
• Quali possono essere le reazioni più comuni, nelle diverse fasce di età (bambini molto piccoli, bambini più grandi, adolescenti) di fronte a una situazione di emergenza, quali di queste reazioni ci devono preoccupare e quando
• Come organizzare una struttura di prima accoglienza (es. tenda), che cosa mettere nella valigia o zaino di primo intervento psicologico
• Quali attività possono essere utili nell’immediato e nei giorni successivi (giochi, fiabe, letture, racconti, canzoni, disegni…)
• Il ruolo dell’adulto/psicologo nei confronti dei bambini e degli altri adulti:
- rassicurare, contenere, ascoltare, spiegare
- funzionare come possibilità di dare un senso all’avvenuto (si può parlare, dire, pensare…)
- rimettere in funzione l’attività simbolica e la capacità di ricostruirsi
- ristabilire i legami
- accogliere e permettere l’esperienza di emozioni negative
- cogliere i segnali preoccupanti e fare attenzione ai soggetti più in difficoltà
- organizzare spazi, giochi ed attività
- ……..

• Quali emozioni e pensieri può suscitare nell’adulto/soccorritore l’incontro con la sofferenza del bambino e dell’adolescente
• Quali attenzioni particolari è necessario avere nei confronti dei bambini molto piccoli (0-3 anni) e di chi si occupa di loro
• Come tutelare i bambini da una eccessiva esposizione alla ripetizione del racconto dell’evento e ai media (TV, stampa)
• Come si può pensare di comunicare ai bambini più piccoli un eventuale rischio (es. terremoto) per indurre comportamenti adeguati
• Quali informazioni può essere utile trasmettere a genitori, ad insegnanti, e in genere a chi si occupa di bambini in una fase di prima emergenza
• Quali contatti stabilire con le istituzioni, le associazioni ecc. Quali figure contattare per coordinare gli interventi nei confronti dei bambini
• Come il soccorritore si prende cura di sé stesso

Attorno a questi (ma anche ad altri) spunti, i partecipanti al gruppo sono invitati a presentare loro eventuali esperienze dirette di intervento psicologico con bambini in situazione di emergenza e/o le loro riflessioni.
Ci sarà anche spazio per un momento di lavoro comune a gruppi.