07 ottobre 2006

Materiali - Lab. 3 - Comunicazione cattive notizie

COMUNICARE CATTIVE NOTIZIE
Fabio Sbattella


La letteratura scientifica internazionale ha mostrato, negli ultimi anni, un crescente interesse al tema degli effetti psicologici di notizie negative ed inattese. In particolare, l’attenzione è stata posta in ambito sanitario alla comunicazione delle diagnosi infauste, nella consapevolezza clinica che una corretta comunicazione può facilitare l’adesione ai programmi di cura, migliorare la qualità di vita della persona malata, agire in termini di prevenzione secondaria rispetto a possibili traumatizzazioni. La riflessione sul tema delle “Bad news” va comunque al di là di aspetti strettamente clinici. Essa sottolinea l’attenzione a recuperare la dimensione umanistica del lavoro sanitario e ripensare il rapporto sanitari-pazienti in termini di empowerment.

Porre cura ed attenzione ai momenti più delicati dei percorsi di sofferenza risponde infatti anche ad esigenze etiche e deontologiche e può contribuire a ridurre quella massa di azioni legali che i malati promuovono nel tentativo di veder riconosciuta la propria dignità, ferita da sistemi di aiuto tecnologizzati, molto difesi e burocratizzati. Porre i cittadini in grado di accogliere e comprendere le informazioni emotivamente più difficili, significa inoltre facilitare la conservazione di quel senso di efficacia sulla propria vita e sulla realtà circostante che risulta indispensabile per agire le scelte sollecitate dalle situazioni critiche.

Nei contesti tipici dell’emergenza poi, il tema della comunicazione di notizie infauste assume una dimensione di grande complessità, vista l’ampiezza numerica dei gruppi coinvolti, la gravità delle situazioni, la drammatica e strutturale carenza di tempo.
Il laboratorio da noi condotto all’interno del primo campo scuola per psicologi dell’emergenza a Rovereto, ha puntato l’attenzione sugli strumenti ed i saperi specialistici, utili a migliorare i processi di comunicazione in caso di “Bad news”.
Hanno partecipato ai lavori una trentina di colleghi, provenienti da 12 diverse Regioni italiane e con diversi livelli di esperienza in merito. E’ stata un’occasione per confermare e condividere esperienze consolidate, presso le Aziende ospedaliere (ad esempio in Valle D’Aosta), le ASL (ad esempio a Milano), le Municipalità (ad esempio Firenze), ed anche per scambiare notizie di ricerche significative, realizzate a Cesena, Milano, Verona, in grado di dare supporto teorico e sperimentale alle buone pratiche proposte dai professionisti sul campo.

Rileggendo insieme le linee guida proposte dai colleghi statunitensi e divulgate anche in Italia, è stato evidenziato come, al di là di indicazioni puntuali ed attenzioni linguistiche, sia importante riflettere sulle implicazioni emotive e sulle possibili identificazioni che inevitabilmente emergono, in particolare nelle comunicazioni di decesso.
I concetti di empatia e contenimento emotivo, sono oggi riletti alla luce delle teorie sull’intelligenza emotiva, ma al di là dei rinnovati inquadramenti teorici, suggeriscono la necessità di una attenta e profonda formazione di chi è preposto o desidera essere accanto ai familiari, ai bambini, ai sopravvissuti che hanno perso qualcuno in emergenza.

Cruciale è apparso anche il fattore temporale, che oltre ad essere deformato, nei vissuti personali, dalle vicende traumatiche, è anche compresso dalla frequente presenza dei media nei momenti di vita più drammatici per svolgere un’azione informativa tempestiva in una società estremamente connessa a livello mediale.
Tra dilemmi etici e complessità organizzative, il laboratorio si è chiuso con una serie di ipotesi in grado di stimolare la ricerca e con un impegno: diffondere la notizia che la psicologia italiana è pronta per scendere in campo accanto a chi è costretto a ricevere o fornire notizie sulla vita che possono, per molti aspetti, rivelarsi decisamente dolorose.

Fabio Sbattella

Nessun commento: