06 novembre 2009

La strage di Fort Hood

A volte scrivere commenti è difficile. Nella fattispecie, la strage di ieri nella base militare statunitense di Fort Hood, nel Texas, dove uno psichiatra militare ha ucciso 13 commilitoni e ne ha feriti un'altra trentina, lascia indubbiamente esterrefatti.

Soprattutto perchè lo psichiatra in questione operava nella caserma appunto in qualità di specialista psicotraumatologo, occupandosi espressamente dei disturbi post-traumatici dei militari veterani di Iraq e Afghanistan.

Dagli articoli di diversi giornali internazionali di oggi, emergerebbe un profilo di personalità complesso, e si intuiscono una serie di retroscena personali non certo semplici; qualcuno ipotizza anche una forma atipica di "traumatizzazione vicaria", legata al suo lavoro clinico pluriennale con i reduci presso il Walter Reed (il principale ospedale militare statunitense), e che avrebbe accentuato le sue già pre-esistenti dimensioni personali di forte rifiuto e paura per una prossima assegnazione in Iraq; quella dell'omicidio di massa sarebbe però in effetti una reazione estremamente anomala, pur nella complessità delle espressioni cliniche delle reazioni di trauma vicario, e probabilmente si è qui di fronte a problematiche pregresse assai più complesse.
Ulteriori approfondimenti di merito, sul tema della traumatizzazione vicaria nei professionisti di settore, sono reperibili qui, ed un nuovo articolo - ben focalizzato sul tema del PTSD e del trauma vicario - del TIME è reperibile qui.

Rimane comunque una situazione inquietante, ed è solo intuibile la complessità e difficoltà, nel vissuto dei "fellow soldiers" sopravvissuti, dell'elaborazione del "vissuto impensabile" che il loro "curatore di anime" sia improvvisamente diventato un "persecutore reale".

Luca Pezzullo

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