24 aprile 2006

Uno strano modo per gestire il PTSD nei militari americani: rimandarli al fronte sotto terapia

Un interessante articolo dello Union-Tribune di San Diego (del resto, area "ad alta densità militare" della US Navy) propone un tema abbastanza scottante: il massiccio reinvio nel teatro operativo iracheno di militari con diagnosi di PTSD, e con trattamenti psicofarmacologici in corso.

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La reimmissione in teatro di tale personale è principalmente dovuto al fatto che le forze armate statunitensi, ampiamente impegnate nei diversi teatri iracheno ed afghano (oltre che nei posizionamenti ordinari), sono ormai ai limiti delle loro potenzialità logistico-operative nel garantire i previsti turni di rotazione delle unità. Anche la Riserva è ormai utilizzata in maniera estremamente massiccia, e da almeno un paio di anni il problema del bassissimo numero dei nuovi arruolamenti volontari è al centro delle preoccupazioni dei vertici militari. Dunque, tutti le unità ed il personale in "active duty" si trova a dover gestire un "optempo", ovvero tempo impegnato in operatività fuori area, nettamente superiore a quanto "dovrebbe essere". Capita così che molti reparti e migliaia di uomini che in altre condizioni avrebbero potuto rimanere negli Stati Uniti per più lunghi periodi di riposo tra un periodo operativo ed un altro si ritrovino a partire prima ancora di aver potuto "rielaborare gli eventi vissuti"; per molti soldati, si tratta addirittura di ritornare in Iraq prima ancora di aver superato la traumatizzazione emotiva del precedente turno di servizio.

Ora, anche se è vero che la psicotraumatologia militare è nata con la "forward psychiatry" ed i Principi di Salmon (1917), che prevedono che il militare traumatizzato debba essere reinviato nel più breve tempo possibile al fronte, proprio per evitare che sviluppi la convinzione di essere "ammalato", in realtà quei principi sono da applicarsi in un altro senso e con ben altre modalità. Qui sembra invece che si stia parlando di sindromi psicotraumatiche strutturate, in corso di trattamento con psicofarmarci. La "ritraumatizzazione massiccia di soggetti vulnerabili" non è esattamente quello che intendevano Roussy, Lhermitte e Salmon quando, durante la prima guerra mondiale, cercavano di ipotizzare delle modalità di supporto immediato per i militari turbati dagli orrori cui avevano assistito al fronte...

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