11 febbraio 2010

Draft DSM-V: cosa cambia per il PTSD ?

Come anticipato nel post precedente, passo ad un'analisi più dettagliata, seppur preliminare, delle evoluzioni nosografiche nel Draft del DSM-V in relazione alle tematiche di maggior interesse psicotraumatologico.

Cosa cambierebbe per il PTSD, se il Draft fosse approvato così come è ?

In rapida sintesi, ecco i principali cambiamenti nosografici:

In primo luogo, la ridefinizione di "cosa è potenzialmente traumatico".

Un tema in effetti ampiamente discusso in letteratura, a volte anche in maniera vivace. La nuova definizione, da un lato, estende i criteri definitori (ricomprendendo e chiarificando in maniera utilmente esplicita - soprattutto a fini di certificazioni medico-legali - alcuni aspetti legati ad esempio alle violenze sessuali), dall'altro amplia (molto) i criteri di esposizione indiretta. Da un lato questo è positivo, aprendosi alla ricomprensione della "traumatizzazione dello spazio rappresentazionale" e non solo dell'esposizione diretta all'evento come potenziale fattore causale; dall'altro, rischia forse di estendere un pò troppo il criterio, che così diventa molto ampio.

Poi, una ristrutturazione dei Cluster sintomatologici.

In primo luogo, trasversalmente ai tre macrocluster (Intrusione - Evitamento/Numbing - Hyperarousal), vi è una riduzione media del numero di sintomi richiesti per l'identificazione positiva della sindrome. Da un lato questo è positivo, perchè permette di evitare certe rigidità pregresse nel caso di sintomatologie palesi su quasi tutti i criteri, ma con l'assenza di un solo sintomo di sottocluster per la possibilità di porre la diagnosi formale; dall'altro, questa maggiore flessibilità clinica (in particolare per l'età evolutiva), rischia di creare un leggero rischio di falso positivo, in particolare per quanto riguarda i cluster Intrusione e Evitamento.

A questo proposito, il vecchio cluster Evitamento/Numbing è stato finalmente (e questo è ottimo) suddiviso nelle due aree funzionali di "evitamento" e di "alterazioni cognitive ed emotive significative" (ex-Numbing), forse più clinicamente e nosograficamente utili. Quest'ultima area assume tra l'altro un rilievo significativo nella "quantificazione relativa" dei sintomi positivi che sono richiesti per porre la diagnosi.

Ottimo finalmente l'inserimento chiaro e netto del discorso "self-blame" (autocolpevolizzazione), e degli stati emotivi negativi persistenti (assimilabili, seppur con molte differenze, al costrutto di "nevrosi traumatica" della scuola psicotraumatologica francese; ed in minima parte di DESNOS - vedi dopo).

Il criterio E vede due inserimenti potenzialmente molto positivi (centrali ed un pò troppo neglette finora, e forse anche focalizzate meglio nell'attenzione dei clinici dai problemi dei veterani militari statunitensi di questi anni): l'inserimento dei comportamenti "auto-distruttivi" (all'interno dei quali si potranno probabilmente annoverare o collegare anche i comportamenti di abuso di sostanze - così frequenti nelle situazioni post-traumatiche, e però non espressamente citati in collegamento a questi nel DSM, forse per il desiderio di evitare sovrapposizioni funzionali nosografiche), e la chiarificazione esplicita delle "condotte aggressive" (molto spesso espresse in ambito famigliare e sociale).

In sintesi, si tratta una ristrutturazione dei cluster in gran parte interessante e condivisibile, che va anzi finalmente a restituire un ruolo importante ad una serie di corredi sintomatologici centrali nell'osservazione clinica, ma che erano rimasti un pò in secondo piano nelle classiche schematizzazioni nosografiche.

Sulla struttura generale delle sindromi post-traumatiche: è stata eliminata la distinzione PTSD Acuto / Cronico, per la ridotta evidenza empirica di tale distinzione formale. Rimane invece il costrutto nosografico di PTSD Delayed Onset, leggermente meglio chiarito (seppur anch'esso è stato oggetto di dibattito critico-scientifiche in passato).

Non è stato introdotto invece il DESNOS (Disorder of Extreme Stress Not Otherwise Specified), che era stato proposto per l'ìnserimento alcuni anni fa: forse per la sua eccessiva "continuity" rispetto agli aspetti Borderline su Asse 2, e per il dibattito critico ancora irrisolto rispetto alla sua precisa definibilità clinica; alcuni suoi aspetti sono forse riassumibili (seppur molto parzialmente) con l'inserimento del criterio degli stati emotivi negativi persistenti.

Insomma, pur con tutti i suoi possibili limiti, sembra che il DSM-V faccia un piccolo ma significativo passo avanti nella direzione di una migliore formalizzazione descrittiva della clinica dei disturbi post-traumatici.

Un saluto,
Luca Pezzullo

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